Roma, 27 dic – Con l’approvazione dei primi decreti attuativi, comincia a prendere forma la struttura della riforma del lavoro ribattezzata all’inglese “Jobs Act”.
Articolo 18
La più importante novità riguarda la disciplina dei licenziamenti, che supera definitivamente l’impostazione contenuta nello Statuto dei Lavoratori.
Il riferimento è ai licenziamenti illegittimi, vale a dire quei licenziamenti che, a norma della legge 300 del 1970, erano intimati senza giusta causa o in assenza di un giustificato motivo oggettivo. Fino ad oggi era prevista la reintegra nel posto di lavoro, mentre ora sarà possibile licenziare a fronte tuttavia di un’indennità (esentasse) corrisposta al lavoratore pari ad almeno due mensilità per anno di servizio, per un totale di massimo 24 mensilità. E’ questa la forma più evidente del contratto ribattezzato “a tutele crescenti”.
La possibilità di reintegro rimane invece per i licenziamenti discriminatori e per quelli che rientrano nei casi di nullità, come ad esempio il licenziamento intimato in forma orale. In caso di pronuncia giudiziale in favore del lavoratore, questi avrà il diritto di riprendere la propria posizione salvo richiedere, di sua sponte, un’indennità pari ad almeno 15 mensilità, anch’essa esentasse.
Il governo ha deciso poi di non introdurre, fra le fattispecie di licenziamento per giustificato monito oggettivo, il licenziamento per scarso rendimento economico. Sia pur non previsto esplicitamente, non è detto che non possa rientrare dalla finestra, visto che sarà poi a discrezione del giudice del lavoro valutare caso per caso quali licenziamenti rientrano nell’ambito della giusta causa/giustificato motivo o in quello della discriminazione. «Il datore di lavoro può comunque intervenire per licenziamento economico», ha candidamente ammesso il premier Matteo Renzi.
Nulla cambia per quanto attiene invece alle imprese che impiegano meno di 15 dipendenti, le quali già da prima si collocavano al di fuori del perimetro dello Statuto e quindi dell’ambito di applicazione dell’articolo 18. In queste, in caso di licenziamento illegittimo era già prevista -e si mantiene- la possibilità da parte del giudice di non procedere alla reintegra ma di disporre anche solo un risarcimento compreso fra un minimo di 2.5 ed un massimo di 6 mensilità.
Aspi
La seconda novità introdotta dal consiglio dei ministri è un esame dei sistemi di ammortizzatori sociali istituiti dall’ex ministro Fornero. L’Aspi diverrà uno strumento universale, cui potranno accedere tutti coloro che hanno perso l’occupazione anche con sole 13 settimane di contributi versati.
Anche qui si manifestano le tutele crescenti: la durata del sussidio sarà progressivamente maggiore quanti più sono i contributi versati, fino ad un tetto massimo di 24 mesi di copertura.
Politiche attive
Capitolo a parte meritano, in ultimo, le scelte in merito alla ricerca dell’impiego. Corsia preferenziale sarà per chi ha perso l’occupazione in seguito a licenziamento per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo. Questi avranno in dote un “voucher”, da presentare alle agenzie territoriali, che gli darà diritto a seguire corsi di formazione e aggiornamento professionale orientati alla ricollocazione del lavoratore. In combinato con quanto disposto per l’Aspi, è qui che si rintraccia pienamente l’impianto orientato alla “flessicurezza” di stampo nordico verso la quale si dirige l’intero decreto delegato.
Filippo Burla
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