
Se Forza Italia si sfila, i 36 senatori del Nuovo centrodestra diventano ancor più determinanti. Senza di loro, il governo scende sotto l’asticella dei 160 voti che gli assicurano l’esistenza. Ma i numeri restano ballerini, quindi per il governo si profila un periodo di campagna acquisti. Nuovi sostenitori all’esecutivo potrebbero arrivare dalle fila degli ex grillini che attualmente siedono nel Misto e dal gruppo di area centrodestra Grandi autonomie e libertà. E c’è anche chi sostiene che, nell’ipotesi, al momento remota, di un distacco di Ncd dal governo, altri voti potrebbero arrivare alla maggioranza dalle fila di Area popolare.
È forse la previsione di nuovi arrivi, quindi, che rende i membri del Pd sicuri di sé nonostante le fibrillazioni interne a Forza Italia. Ieri notte, dopo un faccia a faccia tra Fitto e Berlusconi e Verdini, i vertici azzurri, a cominciare da Renato Brunetta, sono arrivati a rassegnare le dimissioni, poi respinte dal Cavaliere.
“Il patto del Nazareno così come lo avevamo interpretato fino ad oggi, noi lo riteniamo rotto”, ha comunque annunciato a fine riunione il consigliere politico del Cavaliere, Giovanni Toti, spiegando che Fi non si sente “più impegnata” a seguire il governo sul cammino delle riforme.
Ferma la risposta del Pd che ostenta sicurezza: “Se il patto del Nazareno è finito, meglio così. La strada delle riforme sarà più semplice. Arrivare al 2018 senza Brunetta e Berlusconi per noi è molto meglio” avverte Debora Serracchiani, vice segretario del Pd.
“Contenti loro, contenti tutti. Ognuno per la sua strada, è meglio per tutti. Per noi, sicuramente” le fanno eco il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e il ministro Boschi che tira dritto: “Noi andiamo avanti. La prossima settimana si voterà da martedì a sabato. Alfano, anche lui alle prese con un Ncd dilaniato, si rammarica per la rottura del patto ma, sottolinea, “noi ci siamo: con i nostri voti e i nostri numeri c’è la maggioranza”.