Roma, 26 ott – I media ormai sono interruttori che accendono e spengono le luci su questa o quella notizia. Una settimana fa c’è stata la strage, così l’ha rinominata la magistratura, di Castel D’Azzano in cui hanno perso la vita tre carabinieri, elevati al ango di eroi che è l’altro lato della medaglia dell’“atto dovuto”, se, sempre nell’esercizio del proprio dovere, si mettono a rincorrere uno scooter che forza un posto di controllo. Per loro subito sono stati predisposti i funerali di stato, nel senso di participio, in diretta nazionale.
Il brutto caso di Castel D’Azzano
Quello che stato è stato, “scurdammoce ‘o passato” così nessuno ricorda più perché presso i fratelli Ramponi, cui è stata appioppata all’unanimità l’etichetta di stragisti – pure se il loro gesto, e non il primo del genere, era diretto alla loro proprietà e, con essa, a loro – siano stati inviati i militari in assetto antisommossa e non gli artificieri, come ha chiesto un avvocato della famiglia di uno dei tre eroi. Quello che stato è stato tanto che della donna della famiglia, probabilmente colei che ha innescato l’esplosione, ricoverata in ospedale, non si sa più nulla.
Le parole del ministro Crosetto e quel “Presente” per i carabinieri caduti
Se i media puntano l’occhio di bue, anche in mancanza d’altro, sul piccolo centro del veronese, allora è lì che la politica, quella che poi affolla i salotti televisivi, deve andare. Pure se è venerdì, basta che si faccia presto perché stavolta non c’è sciopero. Sarà per questo che l’opposizione al governo, sempre più identificata con l’opposizione all’Italia e tutto ciò che con essa concerne, ha taciuto sulle lodevoli parole pronunciate da uno spontaneo ministro della Difesa Guido Crosetto.
Senza essere logorroico per cercare di colmare il vuoto di un’orazione funebre d’occasione, il titolare di Palazzo Baracchini, dopo aver ricorso a una metafora nuova e sicuramente d’effetto, menzionando il marmo su cui si incidono i nomi degli eroi, ha concluso il suo ultimo saluto, benché istituzionale, con un provocatorio quanto orgoglioso “Presente”. Pronunciato così, con semplicità e grazia, con necessaria volontà e irrinunciabile fierezza. Al cospetto di tutti. Persino di quelli che si spaventerebbero e chiederebbero le dimissioni del Ministro dell’Istruzione se questo termine obbrobrioso fosse la logica risposta all’appello di inizio di una lezione scolastica. Crosetto se n’è fregato e l’ha detto, nonostante gli acchiappafantasmifascisti presenti per l’occasione. Nonostante la polemica facile da montare e già pronta per essere cucinata. Presente. Per esserci davvero.
Bello tosto anche l’intervento dell’arcivescovo militare officiante il rito funebre che è stato tutto un richiamo e un rimando a concetti come casa, Patria, magari, sperando, anche Nazione. Ammonimenti chiari e diretti ché chi ha orecchie per intendere, intenda.
Un dibattito senza mezze misure
Meglio chiuderla in fretta questa vicenda, intrisa di pietismo un tanto al kilo e con il pomposo binomio inscindibile del lutto cittadino e funerali di stato. Altrimenti un Paese serio che auspicasse a rivedere i segni dell’antica passione, a diventare Nazione aprirebbe una seria riflessione sui margini di azione dell’usura bancaria che travalica indisturbata i limiti della dignità umana. Perché, se non hai più niente, è capace di toglierti anche quel niente che ti resta. Gli sgomberi, come l’eroismo con l’atto dovuto, sono l’altra faccia della medaglia dell’occupazione e i casi della vita rappresentano la discriminante per schierarsi da una parte o dall’altra. Perché ormai su tutto si è pro o contro, dentro o fuori, buoni o cattivi. Nessuna terza via, nessuna comprensione. Come quelli che applaudono i feretri coperti dal tricolore. Come quelli che diventano isterici a sentire pronunciare la sola parola Presente.
Tony Fabrizio