Roma, 15 giu – Lo schifo e la vergogna delle carceri italiane non finiscono mai di stupire. Probabilmente per le necessità che qualsiasi società civile dovrebbe soddisfare nel merito. Tanto più che la carenza evidente di strutture tanto importanti diviene poi pretesto per l’avanzamento di proposte altrettanto incivili ma rivestite di pietismo solidale, come quelle sulle scarcerazioni per motivi di salute o sulle pene ridotte.
Carceri italiane, uno schifo indifendibile
Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, si è così espresso alla presentazione della sua Relazione annuale alla Camera dei Deputati: “Nella prima Relazione al Parlamento di questo Collegio abbiamo riferito il dato di 54.653 persone detenute nel 2016. Al primo giugno di quest’anno le persone detenute in carcere sono 57.230; 2.504 sono donne, mentre ne erano 2.285 sette anni fa. Dati comparabili, sebbene in aumento di più di 2.500 persone detenute: la capienza, già allora carente, è aumentata dal 2016 solo di mille posti regolamentari“. Sul tema è intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Rendere rispettosa della dignità della persona la restrizione, anche temporanea, della libertà derivante dall’applicazione di norme di legge poste a protezione del consorzio civile”. Il sovraffollamento, peraltro, è solo una delle vergogne delle strutture penitenziarie, afflitte anche da servizi indecenti e da cure spesso inesistenti.
Penitenziari indecenti? Un pretesto per una società più insicura e illegale
Lo vediamo di continuo, da ali culturali e politiche di ispirazione radical-progressista: invocare i problemi di salute per il terrorista o per il boss mafioso di turno (si pensi al defunto Totò Riina). Con il risultato di estendere a macchia d’olio riduzioni di pena non solo per l’incredibile sovrabbondanza di custorie cautelari o carceri preventivi senza dubbio esagerati, ma anche per chi abbia commesso reati molto seri, spesso fisici, contro le persone. Soprattutto con il risultato di diffondere una cultura del mancato rispetto delle condanne che nel tempo diventa praticamente una nuova regola opposta alla legge ordinaria.
Se un denetuto serio come il massimo vertice di una delle più importanti organizzazioni criminali (e si torna all’esempio di Riina) si trova in condizioni di salute precarie, va curato ed accudito in carcere, con ogni assistenza possibile e dovuta alla persona, senza per questo dover immaginare sconti di pena o sulla reclusione o la sempreverde richiesta di abolizione del 41bis. E per fare questo è necessario che le strutture carcerarie siano degne, capienti, dotate di ogni servizio necessario. Non è normale che in edifici adibiti alla reclusione le persone vengano spesso ammassate come animali. E non è conveniente neanche per la società civile, perché i pretesti per diffondere una cultura a parere di scrive estremamente dannosa per la stessa pace sociale, aumentano e proliferano. Con tutte le logiche conseguenze del caso.
Stelio Fergola
1 commento
Il carcere esterno è il riflesso posticipato del carcere interno…, una vergogna senza fine.
Come per i cimiteri, gli ospedali, le scuole, sono tutti specchi della società in divenire.