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Altro che partito unico e “modello americano”: ecco il futuro del centrodestra senza Berlusconi

by La Redazione
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Roma, 15 giu – Molti si stanno domandano quale sarà l’eredità politica di Silvio Berlusconi. Alcuni sostengono che il post Berlusconi sia rappresentato da un grande partito repubblicano in stile statunitense che accorpi tutto il centrodestra. Questa ipotesi era sostenuta dallo stesso leader di Forza Italia quando era in vita: non ha mai smesso di perseguire questo obiettivo e probabilmente, dentro di sé, sperava che il governo Meloni potesse essere un passo avanti in questa direzione. E infatti c’è chi vede nel governo Meloni una vittoria (anche) di Berlusconi: il centrodestra creato dal cavaliere è ancora vivo e guida il Paese. Ma come sarà il futuro del centrodestra senza Berlusconi?

L’eredità politica 

Che Berlusconi sia stato l’artefice del centrodestra come oggi lo s’intende in Italia è fuori di dubbio. Caduto il sistema dei partiti grazie a Mani Pulite (un’inchiesta che molti paragonano a un vero e proprio colpo di Stato latente), Berlusconi è stato in grado di aggregare forze che prima dialogavano appena (si pensi alla sua idea di coinvolgere l’allora Lega Nord nel governo e di aprire le porte a un partito come quello di Fini) e di unirle in modo tale da renderle coese da allora (siamo a metà degli anni ’90) fino ai giorni nostri. Questa operazione politica è, da sola, senz’altro storica. Che però il centrodestra costruito da Berlusconi possa tradursi in un partito repubblicano è più dubbio, anzi, è difficile da credere. E c’è da sperare che i dirigenti dei partiti che compongono la maggioranza di governo non vogliano spingere in questa direzione, perché sarebbe fallimentare. 

Ma quale partito unico repubblicano

Tentare di trasformare il centrodestra in un unico partito sarebbe un grave errore, per diversi motivi. Perché nel centrodestra convivono anime estremamente diverse, vale a dire l’anima “di destra” rappresentata da FdI, che si proclama conservatore e nazionalista, l’anima autonomista rappresentata dalla Lega, e l’anima liberale (e liberista) rappresentata da Forza Italia. Non è possibile pensare di aggregare queste tre anime in un solo partito, annullando le differenze (anche forti) che sussistono fra di esse. Creare un partito unico significherebbe tentare di realizzare una brutta copia della destra americana, che però è nata e si è sviluppata in un contesto completamente diverso, e che, in ogni caso, presenta da tempo numerose crepe. Sarebbe come piantare un seme in un terreno non adatto.

La distinzione democratici-repubblicani della politica Usa è una distinzione antica, che ha radici storiche profonde e che non può essere reinventata dall’oggi al domani. Dal punto di vista culturale, gli Stati Uniti non presentano, anche a livello politico, la complessità che caratterizza la cultura italiana, fatta di correnti e di prospettive che variano nel tempo e nello spazio. In altre parole, è vero che non esiste più il sistema dei partiti, ma non è vero che le anime politiche italiane, che presentano addirittura caratteri localiste, sono sparite. Semmai, si può supporre – ed è probabile che così sarà – che l’Italia possa politicamente orientarsi, nei prossimi anni, verso una destra più “nazionalista”. Certo, sarebbe poi il caso di domandarsi cosa (o chi) aspettano quei numerosissimi elettori (il 50-55% più o meno) che alle ultime tornate elettorali non si sono presentati alle urne, ma questo è un altro discorso.

Bisogna considerare, inoltre, che sarebbe un po’ paradossale tentare di riprodurre lo schieramento statunitense proprio nel momento in cui questo presenta numerose falle: la crisi della politica statunitense è evidente, come dimostrano fatti anche recenti. L’osservatore che volesse guardare a ciò che avviene negli Usa per tentare di prevedere quanto avverrà nelle democrazie occidentali (ammettendo che ancora siano democrazie tout court e non piuttosto il risultato di lobby e poteri forti soggiacenti al tessuto sociale ed economico), potrebbe notare che anche negli Stati Uniti si avverte una forte tendenza popolare verso una destra meno liberale e più nazionalista.

Il centrodestra senza Berlusconi

Accantonata l’ipotesi di un partito repubblicano, si può guardare con più realismo alla prospettiva che postula uno scioglimento di Forza Italia. A ben vedere, questa conseguenza è quasi certa. Silvio Berlusconi era Forza Italia; era l’anima e il re di Fi. Senza di lui, la ragion d’essere di quel partito cessa di esistere. Chi vede in Marina Berlusconi, in Meloni, in Tajani o in altri l’erede di Berlusconi e il futuro leader di Forza Italia, sbaglia completamente. Nessuno può sostituire una figura così forte, così impattante. Fi molto probabilmente si scioglierà ed è ragionevole supporre, considerando l’orientamento politico del partito (liberale-moderato, europeista, liberista sul piano economico e almeno in parte cattolico), che una parte di Fi si rifugerà nel centro, aggregandosi per esempio con Renzi o con Calenda, mentre un’altra parte, molto consistente, si unirà al partito di Giorgia Meloni. Sicuramente, non ci sarà il terremoto, lo sconquasso, il disastro che alcuni giornalisti politicamente orientati prevedono e, non tanto implicitamente, si augurano: non ci sarà nessuna crisi di governo. Ci sarà un riassestamento, ci saranno trattative, ma questo fa parte del sistema politico italiano, che è sempre stato molto ballerino.

Enrico Cipriani

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1 commento

Germano 15 Giugno 2023 - 12:28

“… Alcuni sostengono che il post Berlusconi sia rappresentato da un grande partito repubblicano in stile statunitense…” io spero che nasca un nuovo partito con leader onesti e forti e soprattutto con un leader come Putin o Erdogan !!! I camaleonti di destra o di sinistra, servi degli usurai di Wall Street, devono essere definitivamente cancellati da questa società.

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