Roma, 5 nov – L’Italia spaccata in tre dal governo giallofucsia paga un prezzo alto, sul fronte delle restrizioni alla libertà di spostamento e a livello di danno economico. A finire nelle zone rosse anti-contagio è un italiano su quattro (il 27% della popolazione), tra Lombardia, che con 10,1 milioni di persone è la regione più popolosa, Piemonte (4,3 milioni), Calabria (1,9 milioni) e Valle d’Aosta (125mila). E’ la Coldiretti a fare i conti sull’impatto economico e sociale della stretta imposta dal nuovo Dpcm nelle regioni rosse, classificate a rischio massimo, dove sono state messe in lockdown 16,4 milioni di persone.
Nelle regioni rosse si produce un terzo del Pil nazionale
Ebbene, nelle quattro regioni interessate – sottolinea la Coldiretti – si produce circa un terzo del Pil nazionale (32%) con la Lombardia (22%) a detenere di gran lunga il primato tra tutte le regioni mentre il Piemonte rappresenta l’8%, la Calabria il 2% e la Valle d’Aosta soltanto lo 0,3%. Dall’industria al commercio fino all’agricoltura, che in queste aree rappresenta una realtà strategica del sistema produttivo, il danno al Paese dalla serrata generale è ingente. Inoltre la Lombardia è tra le regioni con la spesa media mensile più elevata – dati del 2019 – con 2.965 euro a famiglia. Spesa che risulta elevata anche per la Valle d’Aosta (2.805 euro) e per il Piemonte (2.583 euro) mentre la Calabria è in fondo della classifica con 1.999 euro mensili.
Chiudono oltre 86 mila tra bar, ristoranti e pizzerie
Da segnalare però che il quadro muta radicalmente per la spesa alimentare, con i calabresi che per la tavola spendono 545 euro al mese a famiglia, mentre i valdostani 539 euro e piemontesi e lombardi che infine si fermano a 517 euro. In realtà – fa presente l’associazione degli imprenditori agricoli – questo divario è anche dovuto al fatto che in regioni come la Lombardia e il Piemonte sono più alti i consumi fuori casa con, rispettivamente, oltre 51 mila e circa 24 mila locali della ristorazione, che ora si trovano a soffrire per effetto delle misure di restrizione. Nelle zone rosse come in quelle arancioni sono sospese tutte le attività di ristorazione e, quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. Come recita il Dpcm, infatti, è consentita solo la consegna a domicilio, nonché fino alle 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali. Nel complesso, stiamo parlando di quasi 86.647 esercizi tra ristoranti, bar, mense e pizzerie delle quattro regioni della zona rossa, che sviluppano un fatturato annuale di oltre 22 miliardi, azzerato con il lockdown. Significa per la sola Lombardia, oltre 250 milioni in fumo al mese di mancati acquisti di beni alimentari. Infatti ad essere colpita è tutta la filiera a causa del taglio delle forniture di alimenti e bevande. Un danno per le aziende agricole ed alimentari per le quali – sottolinea – è necessario prevedere adeguati ristori.
E anche le zone arancioni – Sicilia e Puglia – fanno male all’economia. Con la chiusura per un intero mese dei quasi 20 mila ristoranti, bar, pizzerie e agriturismi situati in Puglia si perderanno oltre 400 milioni di euro, avverte sempre la Coldiretti.
Adolfo Spezzaferro
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Preparate il gioco dell’oca.
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