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Se il coronavirus รจ trasportato dal particolato allora la nebbia ha favorito il contagio

by Luigi Di Stefano
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Roma, 27 apr – Qualche giorno fa uno studio fatto in collaborazione da quattro universitร  proverebbe la potenziale relazione tra lโ€™inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dellโ€™epidemia da Covid-19. Potrebbe quindi essere un possibile โ€œindicatoreโ€ precoce di future recidive dellโ€™epidemia. Conviene quindi fare un breve ripasso di fisica dellโ€™atmosfera, sperando di offrire utili spunti a chi nei prossimi mesi avrร  il compito di studiare lโ€™anomala diffusione del virus nelle regioni italiane e ricercare gli strumenti piรน efficaci affinchรฉ la pandemia sia limitata al massimo possibile. Anche se รจ ovvio che la miglior difesa sarร  la messa a punto di un vaccino che protegga ogni singolo individuo, questo non sarร  pronto prima di uno o due anni e quindi dovremo difenderci al meglio dal complesso di fattori di contagio, che finora sono limitati alla famosa โ€œdistanza socialeโ€, lavarsi le mani, le mascherine, il lockdown etc.

Il coronavirus veicolato dalla nebbia?

Se, come scrivono i ricercatori, il coronavirus รจ veicolato dal particolato atmosferico, a maggior ragione sarร  veicolato dalla nebbia che si presenta come un โ€œparticolato liquidoโ€. Una persona infetta starnutendo o tossendo emette microgoccioline dโ€™acqua inquinate da coronavirus, e queste goccioline hanno due strade: 1) Le goccioline in breve tempo evaporano e il virus muore. 2) Le goccioline non evaporano e quindi ristagnano sotto forma di aereosol, detto โ€œnebbiaโ€ quando assume la sua forma piรน massiccia e conosciuta e di provenienza naturale. In pratica lโ€™aria atmosferica contiene vapore acqueo e ne contiene di piรน quanto piรน lโ€™aria รจ calda, e il contenuto di vapore รจ detto โ€œumiditร  relativaโ€.

In pratica scrivere โ€œumiditร  relativa 80%โ€ indica che a quella temperatura misurata nellโ€™aria cโ€™รจ lโ€™80% del vapore acqueo che lโ€™aria potrebbe contenere. In questa situazione lโ€™acqua รจ un gas, asciutto, le eventuali goccioline emesse dallโ€™uomo vi evaporano e il virus muore. Ma se lโ€™umiditร  relativa raggiunge il 100% lโ€™aria non potrร  assorbire altra acqua e trasformarla in gas, quindi in questo caso le goccioline ristagneranno nella nebbia, il virus ci vive dentro, e queste goccioline potranno essere trasportate per ogni dove ad infettare chi dovesse respirarle. Se guardiamo la diffusione del coronavirus in Italia verifichiamo che la diffusione maggiore รจ stata proprio in quelle regioni che per ragioni climatiche sono esposte al fenomeno della nebbia.

La diffusione del contagio al Nord

Osserviamo questa cartina del contagio in Italia aggiornata al 13 marzo 2020 (quindi quattro giorni dopo l’istituzione della “quarantena nazionale” o lockdown)

Vediamo che essa coincide con la mappa dellโ€™inquinamento, che a sua volta coincide con quelle regioni e aree dove maggiore รจ il fenomeno della nebbia.

Lโ€™evidenza รจ tale che non puรฒ essere ignorata e dopo le opportune verifiche giร  iniziate dai ricercatori citati sarร  bene mettere a punto altri sistemi di protezione mirati allo specifico problema della nebbia e del particolato, essendo le competenze ad esempio nellโ€™Istituto di Fisica dellโ€™Atmosfera del Cnr e i dati nella rete meteorologica dellโ€™Aeronautica Militare.

Luigi Di Stefano

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2 comments

Fabio Crociato 27 Aprile 2020 - 1:27

Mi sento in dovere di segnalare che รจ bene distinguere tra le vie di contaminazione e la predisposizione alla contaminazione! A parer mio (e ritengo di non essere certo solo), il coronavirus (detonatore) a fatto vittime dove c’era infiammazione “cronica” (esplosivo), solo cosรฌ รจ spiegabile il tutto, fenomeno differenziato. Qui si apre un particolare esame che riguarda il personale medico deceduto: era in condizioni di salute non eccellente e/o aggredito da quantitร  di virus “industriale?!

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LDS 27 Aprile 2020 - 6:08

Non so, il mio รจ solo un seggerimento a fare una ricerca incrociando i dati climatici ed epidemiologici.

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