Roma, 3 mag – “Senza un gemito la provincia moriva al bar”, cantavano nel 1979 in Verona beat I Gatti di Vicolo Miracoli. Ma nel 1985 la provincia, dai banconi del bar della provincia fino a quelli del centro città, è salita per sempre nell’Olimpo del calcio italiano: il 12 maggio, a Bergamo, l’Hellas Verona infatti conquistava uno storico Scudetto, l’ultimo veramente proletario del calcio italiano, un trofeo immortale che proprio in questi giorni celebra i suoi 40 anni di gloria. E la festa non sembra ancora essere finita, viste le numerose celebrazioni in programma.
Il mito dell’antica Grecia
L’Hellas Verona nasce nel 1903 da un gruppo di studenti del cittadino Liceo Classico Scipione Maffei. Su suggerimento del professor Decio Corubolo, viene scelto un nome che rimandasse al mito dell’antica Grecia. Da quando venne istituita la Serie A a girone unico, riuscì finalmente a raggiungerla nel 1957, ma vi rimase per una sola stagione. Dopo altri vent’anni di alti e bassi la svolta decisiva avvenne con l’inizio degli anni ’80: divenne azionista di maggioranza Ferdinando Chiampan (con Celestino Guidotti alla presidenza), che diede una stabilità alla squadra e, nel 1981, affidò la panchina ad Osvaldo Bagnoli, il quale, avvalendosi della preziosa collaborazione del direttore sportivo Emiliano Mascetti, iniziò a plasmare una solida compagine.
Ottenuta la promozione nella massima serie, dopo due campionati di alta classifica (la prima con tanto di piazzamento europeo), con due finali raggiunte in Coppa Italia, si arriva quindi alla stagione ’84/’85. La formazione tipo è la seguente: Garella, Ferroni, Fontolan, Marangon, Briegel, Di Gennaro, Fanna, Volpati, Galderisi, Elkjær. Proprio quest’ultimo (che ancora oggi nel capoluogo scaligero viene chiamato “Sindaco”), danese proveniente dalla compagine belga del Lokeren, si rivelerà la forza trainante di una squadra assemblata in maniera perfetta. Forse senza veri e propri fenomeni. Ma senza nessun punto debole. A partire dal portiere, quel Garella che venne ufficiosamente eletto “il miglior portiere senza l’uso delle mani”.
Hellas Verona: il 12 maggio 1985
La prima stagionale vide l’esordio di Maradona nel campionato italiano, proprio al Bentegodi. errà annullato da Briegel, che andrà anche a segno, per un 3-1 che lascia intendere che quel Verona faccia tremendamente sul serio. Ad una ad una le più blasonate contendenti al titolo crollano tutte: Torino, Inter, Sampdoria, Milan, Juventus e Roma conoscono momenti di crisi, infortuni negli uomini chiave e impegni europei, mentre l’Hellas supera indenne anche qualche partita no.
Persino quando tutta la stampa unanime ne preannuncia l’imminente crollo. Ed ecco che si arriva così al 12 maggio, penultima di campionato a Bergamo. Con l’Atalanta già salva e con il Verona al quale basta un punto per diventare la prima (e unica) squadra non capoluogo di regione a fregiarsi del titolo di Campione d’Italia. Migliaia e migliaia di fedeli butei si riversano su Bergamo per l’evento della vita: segna Perico e pareggia Elkjær. Il sogno è diventato realtà! Quel sogno che una città intera che vive di calcio non poteva nemmeno immaginare fino a pochi mesi prima.
Rielaborare “alla veronese”
Quel sogno che arriva da una città che negli anni ’70, a causa dell’enorme diffusione dell’eroina, era stata definita “la Bangkok d’Italia”. E che, nei ruggenti anni ’80 italiani, inizia ad essere al passo con i tempi e le mode. Ma sempre rielaborandoli “alla veronese”. Perché prima di essere Italia o Veneto, Verona è solo e sempre Verona. Una comunità che della sua intransigenza ne ha fatto vanto e forza. Ecco così che i paninari qui si chiamano bondolari e che dall’Inghilterra arrivano prepotentemente le sottoculture punk, skinhead e mod. E dalle gradinate della Curva Sud sono tutti delle Brigate Gialloblu, nate il 30 novembre 1971 presso il Bar Olimpia di Borgo Venezia, perché è un nome che unisce non solo il tifo calcistico, ma proprio il modo di vivere la propria città.
Passano gli anni ed il Verona conoscerà periodi bui, con la squadra ad un passo dalla C2 e dal fallimento, con le Brigate nella morsa della repressione e costrette a sciogliersi… ma come la Fenice tutto a Verona prima o poi risorge. La squadra risalirà la china, Banda Loma prima e Curva Sud ed Hellas Army poi non smetteranno mai di far sentire il loro sostegno. E le canzoni dei Sumbu Brothers ci ricorderanno sempre “del gran Scudetto”. Forse la provincia in fondo non è morta al bar.
Roberto Johnny Bresso