

Quando venne tirato su il sipario, gli americani affacciati alla finestra della loro ambasciata, situata proprio di fronte al porto di Nagasaki, si trovarono davanti un mostro marino lungo oltre 260 metri e alto quasi 40. Lo stesso stupore rimase negli occhi dei soldati assegnati alle mitragliatrici della portaerei Franklin, che incrociò la Musashi nel mare di Sibuyan, nelle Filippine. “Non potevo credere a quanto fosse enorme”, ricorderà il mitragliere Joe Anderlik. “Non avevo mai visto niente di più grande in tutta la mia vita. Era una visione magnifica”, gli farà eco il marinaio Russ Dastan.

Lo scontro fra americani e giapponesi durò tre giorni. Il 24 ottobre 1944 la Musashi capitolò. Gran parte degli attacchi navali e aerei vennero concentrati su quell’immensa balena, che oppose fino all’ultimo un fuoco di fila che fece sollevare il mare. “Correre dentro i gayser che sollevava era come correre dentro una montagna”, dirà un altro reduce americano, il pilota Jack Lawton.
Dopo cinque ore di fuoco, 17 bombe e 20 siluri incassati, ormai rimasta senza copertura aerea dall’alto, la corazzata Musashi iniziò ad inabissarsi. Il comandante della nave, Toshihira Inoguchi, dato l’ordine di abbandonare la nave, si ritirò nella sua cabina per affondare con essa. Oltre mille marinai lo seguirono nella città in fondo al mare.
Simone Pellico
1 commento
Mi permetto di segnalarLe che la MUSASHI (sorella come dice giustamente Lei) della YAMATO non pesava 100000 tonnellate bensì qualcosa di poco oltre le 70000. Sempre che la mia memoria non faccia cilecca. Per il resto la Sua descrizione su come questa stupenda macchina bellica sia stata distrutta, é affascinante anche se triste perch<è parla di marinai che sono morti per il loro paese.