
Nonostante le promesse e le cessioni di quote delle aziende di Stato per far cassa, la strategia del ministro Padoan non sembra pagare: “Nel 2018 questo incubo di questa montagna di debito che puo’ attivare terribili regole di taglio della ghigliottina andrà finalmente via e credo che per la prospettiva dell’Italia questo sarà un risultato importante”, aveva dichiarato solennemente il titolare del dicastero dell’Economia all’atto del suo insediamento. La cruda e amara realtà mostra un’altra storia: con il governo Renzi il debito pubblico è aumentato di oltre 122 miliardi, al ritmo di quasi 4 miliardi al mese. Di questi, non un euro è evidentemente finito all’economia reale come spesa pubblica in grado di attivare un qualche moltiplicatore che potesse trasformare l’attuale stagnazione in vera crescita, che è poi l’unico strumento concreto per ridurre il rapporto debito/Pil insistendo sul denominatore.
Invece ci ritroviamo senza crescita ma col debito, che con cala perché il Prodotto interno lordo non cresce a causa dell’austerità euroimposta con la scusa – paradosso dei paradossi – di ridurre proprio il debito pubblico. Ma questa è banale teoria macroeconomica, che Padoan (il quale non è diventato certo professore ordinario per corrispondenza) dovrebbe conoscere molto bene.
Filippo Burla