Roma, 13 – Non si ferma la continua crescita del debito pubblico, che a novembre fa segnare l’ennesimo record storico, avvicinandosi ai massimi di luglio 2016. Lo segnala Banca d’Italia, nel suo bollettino periodico. L’indebitamento della pubblica amministrazione, nel penultimo mese dell’anno, ha toccato quota 2.229,4 miliardi di euro, in aumento di 5,6 miliardi rispetto al periodo precedente. Con riferimento al periodo gennaio-novembre, il debito pubblico è aumentato di 56,7 miliardi di euro.
Nonostante le promesse e le cessioni di quote delle aziende di Stato per far cassa, la strategia del ministro Padoan non sembra pagare: “Nel 2018 questo incubo di questa montagna di debito che puo’ attivare terribili regole di taglio della ghigliottina andrà finalmente via e credo che per la prospettiva dell’Italia questo sarà un risultato importante”, aveva dichiarato solennemente il titolare del dicastero dell’Economia all’atto del suo insediamento. La cruda e amara realtà mostra un’altra storia: con il governo Renzi il debito pubblico è aumentato di oltre 122 miliardi, al ritmo di quasi 4 miliardi al mese. Di questi, non un euro è evidentemente finito all’economia reale come spesa pubblica in grado di attivare un qualche moltiplicatore che potesse trasformare l’attuale stagnazione in vera crescita, che è poi l’unico strumento concreto per ridurre il rapporto debito/Pil insistendo sul denominatore.
Invece ci ritroviamo senza crescita ma col debito, che con cala perché il Prodotto interno lordo non cresce a causa dell’austerità euroimposta con la scusa – paradosso dei paradossi – di ridurre proprio il debito pubblico. Ma questa è banale teoria macroeconomica, che Padoan (il quale non è diventato certo professore ordinario per corrispondenza) dovrebbe conoscere molto bene.
Filippo Burla