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“Sorpasso epocale”: una lettura di Accelerazionismo Eretico

by La Redazione
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Roma, 4 nov – Il nuovo libro di Francesco Boco, Accelerazionismo Eretico (Passaggio al Bosco), si presenta come un’efficace sintesi filosofica, capace di lambire una varietà di campi che spaziano dalla storia alla sociologia, dalla scienza alla geopolitica. Nonostante la complessità dell’opera, l’autore riesce a rendere lo scritto chiaro e avvincente per il lettore. La tesi di fondo, arrischiata e stimolante, è semplice: ogni civiltà cresce fino a toccare il proprio limite storico, quando quel limite si manifesta, si può scegliere l’immobilità oppure spingersi oltre, verso un nuovo inizio.

L’accelerazionismo eretico fa la sua comparsa

La nostra epoca vive su questo limite estremo, è in bilico tra due epoche. La tecnica corre, i flussi si densificano, i cicli decisionali si contraggono, eppure il mondo sembra stanco. Il presente si dilata, il futuro è amministrato più che immaginato. La potenza cresce costantemente ma manca la direzione. Non siamo davanti a un tramonto lento, siamo su una soglia. L’accelerazionismo eretico fa qui la sua comparsa. Non come culto cieco della velocità, né come lamento nostalgico. È la volontà di usare l’urto dei processi tecnici per riaprire il campo della decisione e fondare un nuovo inizio. Boco afferma una verità spesso dimenticata: la tecnica è la manifestazione storica dell’Essere, il suo concedersi oggi. Nel suo scatenamento cresce il pericolo, insieme alla possibilità di un rivolgimento. Rinunciare alla decisione, assumendo una condotta passiva, significa essere trascinati dall’automatismo, lasciarsi assorbire dal nichilismo; all’opposto, assumere la decisione significa misurare, scegliere, recidere, introdurre fratture nel tempo lineare per affermare la possibilità di una nuova origine, di un destino differente.

Un ordine che teme il rischio produce paralisi

La cultura dominante riduce tutto a gestione, conformità, indicatori e protocolli. L’ordine digitale si autotutela attraverso norme sicuritarie e intrattenimento senza sosta a basso prezzo. Ma un ordine che teme il rischio produce paralisi, non innova davvero, non apre nuovi orizzonti. Le procedure non sostituiscono il progetto, i modelli non sostituiscono la volontà. L’autore evoca qui la potenza essenziale di Polemos come legge dell’Essere, si richiama alla concezione antica dell’Essere come un tutto fatto di opposti che si tengono insieme in un perenne attrito di forze. Partendo da questi presupposti radicali, si richiedono nuovi criteri, nuovi limiti e responsabilità. Serve un gesto capace di interrompere l’inerzia e riposizionare i flussi, non l’attesa della venuta del paradiso automatizzato.

Il mito come potenza storica

Questo libro afferma che l’unica alternativa al realismo cupo dell’ultimo uomo è una contro-affermazione creatrice. Il mito non è evasione ma potenza storica, concreta. Prometeo, Ulisse, Teseo non sono icone estetiche: sono modelli di attraversamento, lotta e fondazione. Il compito è predisporre minoranze qualificate, teorie e metodi capaci di incidere sul reale. Nessuna promessa di salvezza, nessuna resa al sistema. La sfida è attraversare da osservatori attivi il processo di accelerazione globale, l’espansione della potenza tecnica. Rispondere alla visione tecnica capitalista con una intuizione differente ma non reazionaria; con volontà, coraggio e progetto. L’autore ci invita, cioè, a cogliere anche nell’estremo rischio dell’abisso scatenato la potenzialità di una nuova origine, che si trova oltre l’illusorio punto di perfezione tecnica.

Ezzelino Atreides

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