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Accadde oggi: il 2 gennaio 1960 moriva Fausto Coppi

by Lorenzo Cafarchio
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coppi_faustoTortona, 2 gen –  “Un uomo solo è al comando; la sua maglia è biancoceleste; il suo nome è Fausto Coppi”. Con queste parole, pronunciate da Mario Ferretti, si aprì la radiocronaca della tappa Cuneo-Pinerolo, terzultima frazione del Giro d’Italia 1949. Quella corsa, al pari della Milano-Sanremo 1946, resta l’impresa più leggendaria di Coppi. Gino Bartali forò e l’Airone si lanciò in una fuga di dimensioni bibliche, ben 192 i chilometri con il vento in faccia, scavalcando sempre in testa Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Colle del Sestriere tagliando il traguardo con 11’52” proprio su Bartali e 20’04” su Alfredo Martini.

Di lui Eddy Merckx, il Cannibale, disse: “Le vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca”. Il Campionissimo ha un palmares vastissimo, fu il primo corridore nel 1949 a centrare la doppietta Giro-Tour, impresa poi ripetuta nel 1952. Vanno aggiunte tre Sanremo, cinque classiche delle foglie morte, il Giro della Lombardia, il Giro d’Italia 1940, 1947 e 1953, la sublimazione per ogni corridore il Campionato del Mondo di Lugano nel 1953 staccando tutti alla sua maniera e il record dell’ora il 7 Novembre del 1942 sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Poi ancora la leggenda della Dama Bianca, l’amore, l’amore cieco, pazzo quello dell’eroe del pedale e Giulia Occhini, una relazione contro il buoncostume degli anni ’50 perché amanti con un matrimonio alle spalle per entrambi. I due si conobbero proprio grazie al marito di lei il dottor Enrico Locatelli, fedelissimo coppiano. Poi quell’ultimo volo nel dicembre 1959 in Africa nell’allora Alto Volta – oggi Burkina Faso – per un Criterium assieme ai corridore Raphel Geminiani, Jacques Anquetil, Roger Riviere, Henry Anglade e Roger Hassenforder. Conclusasi la corsa Coppi e Geminiani si recarono ad una battuta di caccia nelle riserve di Fada N’gourma e Pama, ed è li che contrasse la malaria, ma i medici sbagliarono la diagnosi. Nonostante una telefonata di Geminiani che si era a sua volta si era ammalato, riprendendosi dopo otto giorni di coma. La sua ultima uscita in pubblico per l’incontro di calcio Alessandria-Genova. Ma ormai era troppo tardi, bastava del chinino, la lenta ed inesorabile morte mentre Castellania era imbiancata dalla neve. L’Airone il 2 gennaio 1960 spiegò le ali e staccò tutti, senza più voltarsi.

Fausto Coppi semplicemente il più grande.

 

Lorenzo Cafarchio

 

 

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Anonimo 3 Gennaio 2016 - 8:35

Il Campionissimo non è solo un mito del ciclismo, ma di tutto lo sport.

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