Roma, 16 giu – Nel giugno 2005, il pubblico internazionale si trovò davanti a un film che non era solo l’ennesima trasposizione di un personaggio dei fumetti. Batman Begins, diretto da Christopher Nolan, fu un taglio netto con il passato: niente battute da baraccone, niente supereroi colorati, niente ironia compiaciuta. Solo ombre, acciaio, volontà. A vent’anni di distanza, questo film continua a parlare — più che mai — a chi rifiuta il conformismo, la decadenza e l’autoassoluzione morale dell’Occidente postmoderno.
Batman Begins è una storia di ascesi
Nel suo cuore, Batman Begins è una storia di ascesi. Bruce Wayne non nasce eroe: ci diventa attraverso la sofferenza, l’addestramento e la rinuncia. È l’antitesi del protagonista hollywoodiano contemporaneo, tutto fragilità esibita e morale liquida. Il Batman di Nolan è carne e spirito che si forgiano nel gelo, nella prigione, nella caduta. Non redime: punisce. Non si confessa: agisce. Non si giustifica: incarna. La Gotham che Nolan tratteggia è lo specchio nero delle nostre metropoli: malate, corrotte, rassegnate al degrado. La città diventa un organismo ostile, in cui l’ingiustizia è sistemica e la giustizia vera non può più essere affidata allo Stato. Nasce così il giustiziere, figura archetipica — e per questo oggi così temuta — che incarna un ordine superiore. Un ordine non legalista, ma morale. Potremmo dire “cosmico”. Il confronto con Ra’s al Ghul non è semplicemente tra bene e male. È tra due forme di disciplina. Ra’s non è un antagonista qualsiasi. È un maestro, un padre alternativo, un filosofo della necessità. Sostiene che le civiltà decadenti vadano abbattute, che l’equilibrio passi dalla distruzione delle città malate. Wayne ne assorbe il metodo, ma ne rifiuta l’assolutismo. Non cambia la dottrina, ma la sua applicazione. Batman non è la negazione di Ra’s, è la sua continuità selettiva.
Dominare il caos
Batman Begins restituisce al pubblico una figura eroica in senso classico. Non un salvatore democratico, ma un dominatore del caos. L’eroe, come scriveva Jonathan Bowden, è colui che rifiuta la banalità del male e la mediocrità del bene. È colui che agisce, nel silenzio e nella notte, per riportare l’equilibrio là dove tutto tende al collasso. La regia di Nolan accompagna questa visione con una sobrietà quasi militare: nessun effetto gratuito, nessuna concessione al “divertissement”. L’immaginario è cupo, compatto, concreto. La colonna sonora è un battito costante, come un cuore che pulsa sotto l’armatura. L’intera narrazione procede come una marcia solenne verso il confronto inevitabile: tra giustizia e vendetta, tra civiltà e barbarie, tra uomo e mostro. Non è un caso che il film abbia inaugurato una nuova stagione del cinema d’azione e abbia influenzato un intero decennio di produzioni. Ma nessuno, nemmeno i suoi acclamatissimi seguiti, è riuscito a eguagliare l’impatto originario. Perché Batman Begins non è solo un film riuscito: è una chiamata alle armi. Una parabola sull’uomo che decide di non arrendersi, anche quando tutto intorno gli impone di dimenticare, accettare, abituarsi.
La volontà di agire
Oggi, in un mondo in cui gli eroi sono sempre più confusi con gli influencer, e il coraggio si misura in “like”, il ritorno al Batman di Nolan è più che nostalgia: è necessità. Ricordarci che l’ordine, se vuole sopravvivere, non può fare a meno della forza. E che nel cuore della notte, quando i simboli dello Stato falliscono, resta solo un uomo a difendere il confine. E quell’uomo ha il volto mascherato e la volontà di agire.
Vincenzo Monti