Roma, 30 apr – A Cesena non c’è spazio per Sergio Ramelli. Sembra incredibile, ma è la cruda e triste realtà venuta a galla nell’ultimo consiglio comunale. Ovvero quello svoltosi proprio nella giornata di ieri, cinquantennale della morte del giovane militante missino.
La proposta di Fratelli d’Italia
La maggioranza di centro-sinistra, infatti, ha bocciato la mozione di Nicholas Pellegrini, consigliere di minoranza eletto nelle file di Fratelli d’Italia, inerente all’intitolazione di un giardino al giovane del Fronte della Gioventù – aggredito a colpi di chiave inglese il 13 marzo 1975 da un commando del comunismo extraparlamentare e deceduto dopo una lunga agonia il 29 aprile successivo.
Le motivazioni del diniego, riportate dal Giornale, arrivano al limite dell’assurdo. Come ci spiega il quotidiano fondato da Indro Montanelli, l’antifascismo cesenate “vuole evitare che in città siano presenti luoghi dove nostalgici possano ritrovarsi a fare saluti romani e dove possano esserci rigurgiti fascisti”. La solita arrampicata sugli specchi, insomma.
Una figuraccia per tutta la città
Così, in stridente controtendenza rispetto a tante città italiane, sorda all’importante messaggio della premier Giorgia Meloni, le istituzioni di Cesena hanno deciso di sfregiare la memoria di Sergio Ramelli. Una storia, quella dello studente milanese, che – a quanto pare – fa davvero ancora paura. Messa all’angolo dalla proposta, la maggioranza ha gridato, con una retorica da centro sociale, ai suoi fantasmi del passato, non trovando di meglio che nascondersi dietro a insensati allarmi ormai totalmente fuori dalla storia.
A maggior ragione perché il movente dell’efferato delitto, i raccapriccianti dettagli della vigliacca aggressione e il calvario di Ramelli sono ormai noti a tutti. A destra come a sinistra. Una vera e propria figuraccia, già arrivata a livello nazionale, per tutta una città che – a sentire i suoi amministratori – si autodefinirebbe inclusiva.
Cesena, il caso Sergio Ramelli
Un precedente gravissimo: anche sulle rive del Savio, l’antifascismo mette in mostra il suo vero volto. Ossia quello dell’intolleranza più arida verso le opposte fazioni politiche e del rigetto nei confronti di chi vorrebbe mantenere quantomeno acceso il dibattito pubblico (a maggior ragione in una realtà dove la sinistra amministra da sempre con percentuali bulgare). E sì, anche della discriminazione verso le vive e immortali dimostrazioni di amor patrio, coraggio e libertà. Proprio come quella di Sergio, un militante come tanti, assassinato per le proprie idee nel fiore della gioventù.
Cinquant’anni fa in consiglio comunale a Milano, alla notizia dell’aggressione, qualcuno a sinistra applaudì la viltà dei compagni. Ecco, un appunto per chi fosse alla continua ricerca di qualche “nostalgico dei tempi bui”: evitate di sprecare il vostro tempo su queste pagine, tra le mura di una birreria non conforme o in sezioni dove ancora splende la bandiera tricolore. Al contrario non farete fatica a trovarne tra le truppe cammellate di un antifascismo che non avrebbe più nemmeno ragione di esistere.
Marco Battistini