Roma, 5 mar – “Sarò legato al personaggio di Dylan fino alla morte, ma va bene così. Ho creato Dylan McKay. E’ mio”. E così è stato. Luke Perry non ce l’ha fatta. L’attore icona della televisione, arrivato al successo planetario interpretando il ruolo del ribelle tenebroso Dylan McKay in Beverly Hills 92010, è morto in seguito ad un ictus che lo aveva colpito giorni prima a Los Angeles. Ci ha lasciati nello stesso giorno della dipartita di un’altra icona degli anni 90, Keith Flint dei Prodigy, che si sarebbe tolto la vita nella sua casa di Great Dunmow, nell’Essex.

Il successo planetario

Nato nel ’66 nella cittadina di Mansfield, Ohio, Perry si era trasferito giovanissimo a Los Angeles per inseguire il sogno della recitazione, era approdato a Beverly Hills nel 1990 e la sua carriera era esplosa. Il personaggio di Dylan aveva fatto letteralmente impazzire milioni di ragazzine: una sorta di rivisitazione nineties ed edulcorata per esigenze televisive del “duro” alla James Dean, tutto moto, sguardo tormentato e cuore diviso tra le due protagoniste femminili del telefilm, Brenda e Kelly, la ragazzina e quella che è diventata donna troppo presto. Un cuore d’oro sotto la giacca di pelle, problemi d’alcolismo d’ordinanza come previsto dalla narrazione tv degli outcast. Viene un po’ di nostalgia a pensare all’epoca di Dylan, il “ribelle senza causa” del telefilm: un periodo in cui bastava stare in sella ad una moto, avere un atteggiamento burbero e ingellarsi il ciuffo per ricoprire il ruolo dell’insubordinato, di colui che non “rientra negli schemi”.

Perry rimase nel cast di Beverly Hills fino al 1995, poi, dopo una breve pausa in cui ebbe tempo di recitare il ruolo di se stesso in Vacanze di Natale ’95 di Neri Parenti,  tornò a nei panni Dylan fino al 2000. Matt Groening gli dedicò un cameo nei Simpsons. Era nella tv che l’attore aveva sempre trovato il proprio habitat naturale, recitando in serie famose come come Oz, Body of proof e Riverdale; inoltre aveva appena ultimato le riprese del prossimo film di Quentin Tarantino dedicato a Charles Manson, C’era una volta a Hollywood.

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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