Roma, 2 set – Alla stragrande maggioranza dei lettori il nome del conte Richard Nikolaus von Coudenhove-Kalergi non dirà in effetti gran che. Al massimo, qualcuno potrebbe ricordare che a lui è dedicato un “prestigioso” premio che l’Ue, di anno in anno, assegna sostanzialmente ai suoi alti papaveri o comunque a prestigiosi euro-entusiasti in odor di squadra e compasso.
L’importanza ideologica e politica di quest’uomo, a cui si deve la fondazione del movimento paneuropeo (e, incidentalmente, la scelta dell’inno beethoveniano), è strategicamente fondamentale, e non sarà inutile analizzare alcuni passi della sua opera principale, quel “Idealismo pratico” oramai introvabile che possiamo considerare come una sorta di vademecum per la perfetta integrazione politica europea. Il problema principale a cui l’ideologo di Paneuropa si trova di fronte è come ovviare alla disomogeneità culturale dei popoli europei, con i loro sciocchi particolarismo nazionali. La soluzione che egli trova è abbastanza geniale per l’epoca (anni ’20 del ‘900) ed a dire il vero consequenziale e perfettamente logica, se si accetta la premessa che i popoli siano deleteri: facciamo sparire i popoli.
“L’uomo del futuro sarà un bastardo. Le razze di oggi e le classi spariranno a causa della scomparsa di spazio, tempo e pregiudizi [e frontiere, ndt]. […] La razza eurasiatica – negroide del futuro, simile nel suo aspetto esteriore a quello degli antichi Egizi, sostituirà la diversità dei popoli con una diversità di individui”, scrive Kalergi [1]
Da notare che lo stesso autore è di per se un perfetto esempio di melting-pot cosmopolita, avendo nelle sue vene anche il sangue di una principessa giapponese, oltre che quello della migliore aristocrazia parassitaria europea.
Infatti, il vantaggio dei meticci su quelli che lui chiama “consanguinei” è che i secondi sono “caratterizzati da ristrettezza mentale, pregiudizi, mancanza di obiettività, ristrettezza di orizzonti”.
Il colpo di genio è però un altro: sopra questa popolazione di bastardi senza Patria deve formarsi una nuova aristocrazia, che sarà il risultato della fusione della vecchia nobiltà guerriera teutonica con la nuova (per l’epoca) oligarchia finanziaria anglo-ebraica. Tutti gli stupidissimi pregiudizi cristiani sugli ebrei (usurai, astuti, senza scrupoli, truffatori, avidi) vengono da Coudenhove-Kalergi ripresi e trasformati in ancor più fantasiose virtù, cioè in quegli elementi che hanno formato la plutocrazia, che lui vede come la nuova aristocrazia non più di sangue ma di capacità “imprenditoriali” individuali.
Possiamo ridere dei deliri del buon conte, ma egli ha le idee chiarissime anche sulla reale necessità dell’integrazione politica europea, prologo di quella mondiale: la tecnologia è il vero problema, in quanto i conflitti bellici diventeranno talmente distruttivi che passeranno il punto di non ritorno dell’estinzione della specie.
Ebbene sì, qualunque progetto mondialista ha dalla sua la motivazione della “pace perpetua” kantiana, della “fratellanza universale” degli uomini. Iniziamo a vedere le correlazioni invisibili? In fondo, sono le stesse idee (che abbiamo già avuto modo di mostrare) di altri grandi padri del progetto europeista, quali l’economista ultraliberista Von Hayek ed il demagogo comunista Spinelli: l’orrore per la guerra, e quindi per gli Stati che ne sarebbero gli artefici. L’estrema destra finanziaria e l’estrema sinistra libertaria unite sotto la stessa bandiera e la stessa “nobile” missione. Certo, un signore che forse di queste cose se ne intendeva, Schmitt, vede nello Stato nazionale sovrano il progresso verso la pace, proprio in quanto la nazionalizzazione dell’Europa porta ad una “civilizzazione dei conflitti bellici” e ai primi tentativi di regolamentare i rapporti internazionali. L’ordinamento giuridico nazionale, del resto, già risolve i conflitti politici interni senza la necessità dell’eliminazione fisica dell’avversario.
Se si vuole realmente capire cos’è il mondialismo, bisogna capire che esso è sostanzialmente un prodotto culturalmente massonico (come massone era il conte e tutti i “padri nobili” d’Europa) ma non nel senso che esiste una “regia occulta” dietro ad ogni avvenimento planetario, come sostengono i complottisti di solito di marca cattolica.
La massoneria, di per sé, è una società segreta a carattere iniziatico fondata sull’utopia escatologica della “fratellanza universale” a cui si contrappongono le differenze nazionali e culturali. Per capire come il mondialismo sia legato a doppio filo alla massoneria, basta addentrarsi alle origini del progetto mondialista stesso, l’Impero britannico che, prima di lasciare agli Usa la palla del comando, aveva elaborato attraverso tutti i suoi principali pensatori, una serie di giustificazioni teoriche molto forti alla dissoluzione dei legami sociali e nazionali nel nome dell’unico impero mondiale, ovviamente liberista: liberalismo, liberismo, ambientalismo, utilitarismo, empirismo, ecc…
Con Locke lo Stato perde qualunque forma di eticità, e diventa semplicemente uno strumento, figlio di un libero contratto vagamente boldriniano, per la difesa di supposti “diritti individuali inalienabili”. Smith, dal canto suo, trasforma l’egoismo da vizio odioso, in quanto allontana l’individuo dalla comunità, a virtù fondamentale per lo sviluppo economico. Il passo quindi sarà molto breve per Malthus, che estremizza il discorso e trasforma la solidarietà (e quindi lo Stato sociale nascente) in un orrido vizio perché aumenta la povertà impedendo ai poveri di levarsi fisicamente dalle scatole. Sembra quasi di sentire i vari Pannella e simili che plaudono alla “politica del figlio unico” del mostro capital-comunista cinese. Ci sarà poi Bentham, per cui lo scopo della vita non è altro che la felicità individuale che lo Stato deve massimizzare, fino a Hume, per cui siamo semplicemente degli animali incapaci di conoscere altro che quello che ci dicono i nostri sensi e che quindi al massimo possiamo agire da individui sradicati in difesa del nostri piccolo interesse, che al massimo lo Stato può tutelare con la legge.
Lo scopo di questa digressione tenta di far capire quello che appare demenziale se si leggono i “sacri testi” dell’europeismo, dato che nessuno ha ancora compreso la grande spiegazione di Lenin: i dominati non hanno la stessa ideologia dei dominanti. La lotta per le idee è fondamentale, è quello che consente ad un sistema di prosperare. Non è importante, come credono i complottisti, stabilire se realmente esiste una camarilla di seguaci del buon conte che sta portando avanti i suoi piani, anzi è vero l’esatto opposto: gli intellettuali sono sempre organici al potere, e se scrivono qualcosa è perché il potere suffraga questa idea. Smith, per dire, poteva lanciare strali contro l’indipendenza delle colonie americane perché essa contrastava con gli interessi di Sua Maestà Britannica, e quindi si sforzava di trovarvi una giustificazione “teorica” nei vantaggi che il libero mercato avrebbe portato anche ai coloni, che fortunatamente non gli diedero retta.
È quindi esattamente il contrario di quanto pensano i complottisti: gli intellettuali si sforzano di trovare una giustificazione teorica alla stabilità del potere costituito, e non viceversa. Per questo è importante conoscere figure come Kalergi, Hayek o Spinelli: la storia del pensiero economico e filosofico è l’unico strumento serio che consenta di capire i reali rapporti di forza in campo in un determinato luogo e periodo. Non ce ne sono altri in realtà.
Matteo Rovatti
Note:
[1]Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, Idealismo pratico, 1925, pag. 21 e seguenti
4 comments
La cosa è a mio parere molto più semplice.
Molto più primitiva:
Una tribù che stermina un’altra tribù.
Gli ebrei che cancellano finalmente gli ariani, come si vantano di aver fatto innumerevoli volte nella storia. Aggiungeranno anche gli empi ariani alla loro bibbia, insieme ad ammoniti, moabiti, filistei etc.
Genocidi seriali che si lamentano di essere vittime di genocidio, per essere protetti dalle loro stesse vittime.
A volte mi chiedo se ne valga veramente a pena di sforzarsi per scrivere due righe comprensibili.
Mi sono sempre chiesto per quale motivo Paolo Barnard non elenchi Kalergi tra i suoi mostri elitisti del “Vero Potere”… forse perchè farlo sarebbe come offrire il fianco ai “razzisti”? E forse perchè è proprio li, nella Razza, che sta la chiave per capire quali sono le dinamiche di ciò che a molti (i più in malafede) sembra complottismo.
barnard mica è fesso, preferisce dare la colpa di tutto ai crucchi nazisti, sempre e comunque. è solo un colonizzato mal riuscito che spera ancora di pescare proseliti con la sua depressione autorazzista da scoppiato bolognese. meglio gli elitisti degli etilisti.