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Immigrazione, l'ufficio censura del governo bacchetta la Meloni: "Cambi tono"

by Adriano Scianca
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giorgia-meloni_650x447Roma, 2 set – Forse non lo sapevate, ma in Italia, nel 2015, esiste un ufficio censura. No, non quello che guarda i film in anteprima e stabilisce se i minori di 14 anni possono vederlo al cinema. Parliamo di un ufficio governativo che si incarica di valutare ed eventualmente biasimare pubblicamente le dichiarazioni di politici legittimamente eletti, mandando anche lettere di richiamo in merito.
Se la cosa avvenisse in Russia sprecheremmo fiumi d’inchiostro per tuonare contro “l’autocrazia putiniana”, ma la cosa accade da noi, qui, oggi.
Giorgia Meloni, parlamentare di Fratelli d’Italia, ha pubblicato sul suo sito una nota formale recapitatale della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Ebbene, in riferimento ad alcune sue dichiarazioni sul fatto che bisogna dire “basta immigrazione e soprattutto basta immigrazione da paesi musulmani”, l’Unar scrive alla Meloni di ritenere che “una comunicazione basata su generalizzazioni e stereotipi non favorisca un sollecito ed adeguato processo di integrazione e coesione sociale”.
Non solo: non avendo evidentemente trovato il modo di recapitare una testa di cavallo mozzata nel letto della parlamentare, l’ufficio governativo conclude con: “Si coglie l’occasione per chiedere di voler considerare per il futuro, l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore”.
Ora, le idee della Meloni sono ovviamente discutibili come quelle di chiunque altro. Anche su queste colonne, nello specifico, abbiamo fatto notare quanto deleterio ideologicamente sia lo slittamento dalla questione etnica a quella religiosa quando si parla di immigrazione. La svolta teocons di Fratelli d’Italia, esplicitata nell’ormai famoso affaire Buttafuoco, non ci piace neanche un po’.
Altra cosa, tuttavia, è vedere un’emanazione del governo che intima a un parlamentare della Repubblica di usare un altro tono, come un coatto di periferia che vuole attaccare briga in un bar. A questo punto, chi lamenta una sorta di dittatura del politicamente corretto in Italia non andrà più considerato un pazzo paranoico: si tratta di una realtà espressa nero su bianco. Su carta intestata.
Adriano Scianca

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