Roma, 10 feb – Non accenna a diminuire l’attacco persecutorio di Questure e giornali contro la commemorazione di Acca Larenzia: dopo le 31 denunce, relative al Presente del 7 gennaio 2024, oggi i giornali – ancora prima delle autorità – comunicano la sanzione del “DASPO fuori contesto” per altri 16 militanti.
DASPO per Acca Larenzia: “provvedimenti assurdi”
Non si è fatta attendere la risposta di CasaPound Italia, al centro di un attacco giornalistico dopo i provvedimenti disposti dalla Questura che però – al meno al momento – non sono ancora stati notificati: “Nonostante non ci siano ancora stati notificati alla stampa vengono forniti nomi, cognomi e informazioni spesso fantasiose, che non corrispondono alla realtà“. Una prassi che ormai sembra rodata in Italia: i giornali che fanno le veci delle autorità. “In CasaPound – continua la nota – ci sono padri, madri, lavoratori, studenti e ogni parte della società civile, evidentemente anche tifosi di calcio o di altri sport: detto questo, nessuna regia o nostra trama occulta esiste nelle curve italiane, ed è paradossale che alcuni DASPO siano stati assegnati a persone che non mettono piede in uno stadio da vent’anni o che non sono minimamente interessate al calcio”.
Punire e intimorire
Sembra evidente la volontà di punire ma soprattutto intimorire a mezzo stampa tutti i militanti che ogni anno celebrano il Presente di Acca Larenzia senza commettere nessun reato. Ricordiamo infatti che sul saluto romano si sono espresse le Sezioni Unite, con una sentenza che di fatto esclude ogni ipotesi di reato in casi come quello di Acca Larenzia, e sulla base della quale gli imputati di diversi processi, a partire dalle commemorazioni di Sergio Ramelli a Milano, sono stati recentemente assolti. Un passaggio che molti giornali e sedicenti “giornalisti” sorvolano, per buttare nel calderone ultras e politica senza distinzioni con cui tessere una fantomatica rete “eversiva” ed organizzata. Sono vecchie abitudini del mondo giornalistico italiano che si protegge con una magistratura compiacente. Ma ovviamente CPI conclude con una posizione netta: “Non c’è nessuna sfida allo Stato o alle procure da parte nostra ma semplicemente la volontà di non fare passi indietro rispetto a una commemorazione che si svolge da decenni e che, stando alle ultime sentenze in merito ai saluti romani, non costituisce reato. È una questione di dignità, libertà e giustizia, che, seppur sappiamo essere parole incomprensibili ai più in quest’epoca di sciacalli, restano per noi principi oltremodo più importanti delle nostre fedine penali“.
Sergio Filacchioni