Roma, 26 gen – La falsificazione è un atto ingiurioso, pericoloso ed assolutamente da punire. In un certo senso, colui che falsifica si sta prendendo gioco di qualcun altro e di tutti coloro che stanno rispettando le regole. Tuttavia, come spesso la vita ci insegna, a volte dire delle bugie non solo è necessario ma è anche la scelta migliore da fare. Roberto Sarfatti mentì ad un’intera nazione con l’unica finalità di volerla, però, difendere.
“Cattive” amicizie
Non fidarsi mai degli sconosciuti né dei ragazzacci che, inevitabilmente, ognuno conosce nel corso della propria vita, è una massima che i genitori insegnano ai propri figli. Roberto Sarfatti, nato a Venezia il 10 maggio 1900, aveva un amico, Filippo Corridoni – colui che sosterrà la causa interventista di un giovane giornalista socialista di nome Benito Mussolini. Entrò in contatto con il giovane sindacalista e giornalista maceratese quando ancora studiava a Bologna dopo essersi trasferito.
Il giovane veneziano rimase molto colpito dalla retorica interventista di quegli anni e decise di entrare a far parte dei circoli bolognesi favorevoli alla guerra. Si arruolò volontario ad appena 16 anni proprio perché Corridoni gli fornì un documento d’identità falso. Dopo alcuni mesi, però, l’inganno venne a galla e Sarfatti venne allontanato.
FINALMENTE ALPINO
Dopo una lunga diatriba con il padre, Roberto Sarfatti riuscì ad entrare nell’Esercito, questa volta dopo aver compiuto i 17 anni d’età. Arrivato in un momento critico, venne subito impiegato per le offensive di fine 1917 contro gli austriaci volte a liberare definitivamente l’Altopiano di Asiago. Il valore di Sarfatti fu manifesto fin da subito dal momento che, sin dalla sua prima apparizione sul terreno di battaglia, venne promosso a caporale.
Soldato da prima linea, morì il 28 gennaio 1918 durante le Battaglie dei Tre Monti. Con un’abile mossa, era riuscito ad imprigionare ben trenta soldati nemici ma, in un contrattacco austriaco, il giovane venne ucciso. In suo onore venne concessa la medaglia d’oro al valor militare: “Volontario di guerra, appena diciassettenne, rientrato dalla licenza ed avendo saputo che il suo battaglione si trovava impegnato in una importante azione contro formidabile posizione nemica, si affrettava a raggiungere la linea. Lanciatosi all’attacco di un camminamento nemico, vi catturava da solo 30 prigionieri ed una mitragliatrice. Ritornato nuovamente all’attacco di una galleria fortemente munita, cadeva mortalmente ferito”.
Con i suoi 17 anni e 7 mesi, Roberto Sarfatti è il più giovane soldato decorato con la medaglia d’oro del primo conflitto mondiale.
Tommaso Lunardi
8 comments
Roberto è il Figlio che tutti i Padri vorrebbero avere. Da piangere in silenzio, lontano da sguardi di compatimento che andrebbero ad adombrare la memoria della pura gloria del giovanissimo erede. Ma il suo sacrificio non è dolente; esso è invece gagliardo di adolescente forza spontanea, come delle onde di tempesta che si abbattano su rocce millenarie, granitiche e antiche… Vecchie. Il dono costosissimo di quella vita ci ha resi ricchissimi d’orgoglio e di memorie di gesta d’altri tempi, ove a vent’anni avevi già vissuto quasi tutto. Il mio pensiero va dunque all’Eroe, ma anche a Suo Padre. Onore a Voi.
A dimostrazione che la religione non ha nessuna importanza davanti all’amore per la Patria. A tal proposito leggete le lettere che mandò alla madre, Margherita Sarfatti, l’amante del Duce.
L.a Patria senza trascendenza è nuda terra… (la religione è “un veicolo”).
Mi spiace ma non è esatto. Il più giovane decorato della grande guerra, decorato anche lui di M.O.V.M. è il Ten. Vittorio Montiglio, nato in Cile il 15 gennaio 1903.
Ai nostalgici delle pagine oscure del nazismo e del fascismo, Sarfatti era un italiano, di religione ebraica.
Rimane da chiedersi come Mussolini, che di tanto eroismo era consapevole, abbia potuto promuovere le infami leggi razziali.
La scarsa ed incoerente moralità del duce è stata il terreno concimato, su cui è cresciuta la malapianta.
Matteotti (delitto non voluto), leggi razziali parziali, a scoppio ritardato e poi…, fine. Diversamente da altri regimi democratici e non…, andati ben oltre. Vittime in quantità “industriali”: ucraini, pellerossa, armeni, afghani, iracheni, giapponesi, cambogiani, anticomunisti in genere…
La perfezione non è di questo mondo, alla faccia dei credenti del Eden in terra, ma la lotta contro la degenerazione e l’ imperfezione totale sì.
Vorrei ricordare un altro martire fascista, della prima ora, ma ebreo, ovvero Guglielmo Veroli, fondatore della sezione del Fascio di Tivoli, ucciso nel ’22 (o’23, dovrei ricontrollare), il cui fratello, peraltro, fu decorato al valore sacrificando la sua vita nella I Guerra Mondiale. Quanto al “Primato” mi sembra che il titolo alluda a quella diretta da Bottai, solo che occorrerebbe ricordarsi che votò al Gran Consiglio per la destituzione di Mussolini, e poi si arruolò nella Legione straniera combattendo contro i Tedeschi, per “espiare”, come disse lui, le colpe della degenerazione del Fascismo. Insomma non so se è il titolo più appropriato per la linea della rivista. Tutto qua, buon lavoro