Roma, 1° set – Qualsiasi appassionato di motori non può non riconoscere, all’interno dei modelli Alfa Romeo, le mitiche “Quadrifoglio Verde”, spesso abbreviate in “QV”. I modelli QV sono i più performanti della casa del biscione, i più veloci, i più vicini ad una vettura da corsa. Vestono questo simbolo le Alfa Romeo impegnate nel campionato mondiale turismo (WTCR), e lo portarono al successo Nicola Larini ed Alessandro Nannini nel campionato tedesco DTM. Ma da dove nasce questo simbolo così fortunato? Da un immenso colpo di sfortuna del suo portacolori: Ugo Sivocci.
L’amico fraterno di Enzo Ferrari
Siamo nel 1919, a Milano, davanti alla sede della Costruzioni Meccaniche Nazionali, casa automobilistica italiana dell’epoca. Troviamo due personaggi di fondamentale importanza per il panorama motoristico italiano ed internazionale, uno famosissimo e uno semi-sconosciuto. Enzo Ferrari chiacchiera con l’amico Ugo Sivocci prima di iniziare il turno. I due sono amici fraterni. Sivocci, nato a Milano il 29 agosto 1885, ha iniziato la sua carriera come ciclista, lavorando poi nel settore automobilistico fino a giungere alla CMN. Proprio qui, Sivocci mise una buona parola per l’amico Enzo che venne assunto di lì a poco.
Pochi anni dopo, nel 1920, Enzo Ferrari assumerà Ugo Sivocci per lavorare presso la neonata Alfa Romeo. Il giovane pilota/meccanico, in particolare, curerà lo sviluppo della 20-30 HP ES Sport, destinata proprio alle mani di Enzo Ferrari e della giovane promessa dell’automobilismo Alberto Ascari. Con Alfa Romeo, Sivocci ottenne anche il suo più grande successo: la vittoria della Targa Florio 1923 a bordo della Alfa RL.
La morte di Ugo Sivocci
Un particolare ha lasciato tutti di stucco circa la prematura scomparsa di Sivocci durante il GP di Monza. Sulla sua Alfa Romeo P1, infatti, mancava il quadrifoglio verde su quadrato bianco che campeggiava su tutte le vetture del pilota milanese. Quel giorno, inoltre, Sivocci gareggiò con il numero 17 ma, di certo, nessuno si lasciò intimidire da qualche presagio avverso.
L’8 settembre 1923 si tenevano le prove del 1° Gran Premio d’Europa. Un momento importante per l’industria italiana, che aveva l’occasione di dimostrare la propria superiorità sulle rivali francesi e tedesche. L’Alfa Romeo P1 di Ugo Sivocci sfreccia sul bagnato di Monza. Un errore del pilota o un problema tecnico portano la sua vettura a sbandare e a schiantarsi contro un albero. Per il giovane milanese non ci sono speranze, nemmeno Enzo Ferrari può fare nulla se non vedere il suo amico d’infanzia morire tra i rottami della sua P1. Quella vettura priva del quadrifoglio verde che sempre bene ha portato e porta alla casa del Biscione.
“Una sciagura – scrisse poche ore più tardi l’ingegner Nicola Romeo – dovuta a slittamento sulla pista bagnata, ci priva a poche ore di distanza dalla grande prova, del nostro più assennato ed esperto guidatore, del nostro Sivocci. Il dolore per la perdita del buon amico e valoroso collaboratore ci fa dimenticare in questo momento le ansie condivise nel lavoro comune con lo scomparso, ma non attenua la fede che avevamo conservato di superare con onore l’aspro cimento. Ma l’animo dei nostri guidatori non può essere sereno, né sa tentare di ripassare con mano ferma accanto al corpo ancora caldo del compagno; perciò, con la stretta al cuore, che può intendere chi ha seguito i nostri sacrifici, per chi sa le nostre speranze, per chi sa con quanta passione noi auguriamo la vittoria d’Italia, ci troviamo costretti a disertare quel campo di lotta sul quale ritorneremo presto a combattere”.
Tommaso Lunardi
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