Perugia, 27 nov – Per la categoria “eventi di cui noi donne non sapevamo di aver bisogno”: a Perugia, la prossima settimana, si svolgerà “la” festival (perché “il” è maschilista, poco importa la radice etimologica) Evulvissima 2018. Darne una definizione, nel guazzabuglio di asterischi e neologismi queer, è un’impresa assai difficile per le non femministe e i non addetti “ai lavori”. In soldoni, si tratta di un festival dedicato all’organo sessuale delle femminucce, con seminari, corsi, workshop, laboratoria… si avete letto bene, laboratoRIA perché anche la parola laboratorio è un pericoloso attentato linguistico al neofemminismo. Fin qui, la questione è meramente ridanciana, ma non eccessivamente assurda. Secondo il principio binario del gender, la patata ce l’abbiamo noi donne. E invece no. Anche se il festival (no, mi rifiuto di chiamarlo “la” festival, mi dispiace) è dedicato a ciò che tira più di un carro di buoi, non è detto che debba essere eterosessuale, ma nemmeno lesbico: persino ciò che più c’è di concreto in termini di identificazione di gender non è garanzia di appartenenza ad un sesso, ma anzi!
Le iniziative dedicate alla nostra comune “amica” sono “dissidenti dalle norme eteropatriarcali”, si rifanno a “la postpornografia, il bdsm, le relazioni queer e il concetto di intersezionalità delle lotte”. Capito? No? Come sospettavo. Nel calendario della tre giorni contiamo, ad esempio, l’imprescindibile workshop di eiaculazione. Come già espresso dalle organizzatrici, questo corso non è volto a creare “un esercito di soldatesse squirtanti”, sebbene secondo la mia modesta opinione la nostra Nazione così armata risolverebbe in vittoria ogni conflitto con gli stati confinanti, bensì a “prendere consapevolezza di una parte del nostro corpo per secoli omessa dalla cultura occidentale”. Quali secoli, e da quale cultura occidentale? Non è dato sapere ciò, la priorità sta nel calarsi le mutande e mostrare a tutti la propria identità in siffatta maniera, in un processo di rivendicazione femminile che procede verticosamente verso il basso.
Per sentirvi più a vostro agio, tale corso è aperto a massimo n. 30 partecipanti. Come a dire, citando una canzonetta contemporanea, “in due è amore, in tre è una festa” in massimo 30 è un workshop. Tra gli esperti che cureranno il corso, c’è un personaggio che “ha affiancato un workshop sul piacere anale dal titolo “Anal Liberation Front”. Se avete intenzione di partecipare anche ad esso, assicuratevi di aver mangiato leggero. Il calendario degli eventi prosegue con un “laboratorio fuori dagli stereotipi” per bambini, famiglie e “sfamiglie” (e quest’ultimo sostantivo è veramente scoraggiante).
E’ assai verosimile che questi bambini escano da tale “laboratorio” più confusi che all’ingresso, considerato che prima ancora di capire la meccanica base della riproduzione, con ogni eventualità, gli verrà illustrata ogni parafilia che può portare (o non portare) al concepimento. Come in una sorta di cura Ludovico Van che li porti ad accettare o anche solo a conoscere un mondo di pratiche sessuali adulte che, invece, dovrebbero rimanere tra le quattro mura di una camera o, appunto, tra massimo 30 partecipanti adulti e senzienti. L’evento è aperto a massimo 10 partecipanti, speriamo non raggiunga mai la quota di partecipazione necessaria.
Ilaria Paoletti
3 comments
Niente di nuovo……. Nei lupanari dell’antico impero si comprava di tutto………… tutti, da sodomiti a pedofili, da saffiche a ermafroditi, avevano il loro bel regalino,anteriore o posteriore che fosse……… Per cui in questo ignobile convegno tutti avranno il loro bel regalino e puttane,troie,froci e potenziali deviati avranno un momento di gioia……..niente di nuovo,tutto molto comunistoide e decisamente iper femminista.
[…] L’evento è aperto a massimo 10 partecipanti, speriamo non raggiunga mai la quota di partecipazione necessaria. Fonte: IL PRIMATO NAZIONALE […]
[…] pratica di segregare le parti intime, il mondo classico l’aborriva considerandola l’ignobile retaggio di lande barbare; dove maschi […]