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Gaza, via libera all’occupazione Israeliana: controllo totale e deportazioni

by Sergio Filacchioni
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Gaza

Roma, 6 mag – La scorsa notte il governo israeliano ha approvato all’unanimità un nuovo piano militare per la Striscia di Gaza, che prevede – secondo fonti interne riportate da Haaretz e Times of Israella conquista totale della Striscia, lo spostamento forzato della popolazione verso sud (leggere anche “deportazione”), e il mantenimento stabile dei territori occupati. Si tratta, a tutti gli effetti, di un piano d’occupazione.

Gaza, dai raid all’occupazione

La narrazione ufficiale parla di “eliminazione di Hamas”, ma i mezzi adottati – inclusi gli attacchi indiscriminati contro aree civili – colpiscono duramente l’intera popolazione palestinese, già decimata da mesi di bombardamenti e assedi. Nel frattempo, l’agenzia della protezione civile di Gaza ha denunciato l’ennesima strage: almeno 19 persone – in gran parte donne e bambini – sono rimaste uccise in due raid aerei nel nord della Striscia, a Gaza City e Beit Lahiya. La Francia ha espresso una dura condanna tramite il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot: “È inaccettabile. Il governo israeliano sta violando il diritto umanitario”. Ma oltre le dichiarazioni, nessun atto concreto. Dall’Unione Europea, il presidente del PPE Manfred Weber ha ribadito il sostegno alla soluzione dei due Stati, chiedendo una de-escalation, ma senza proporre strumenti o pressioni reali su Tel Aviv. In ogni caso, in questo panorama di cinismo politico, fa quasi impressione notare come le poche critiche nei confronti di Israele oggi vengano dall’Europa, o da soggetti altrimenti impronunciabili come Macron e Sanchez. Una voce debole, certo, disarmata soprattutto. Ma pur sempre pubblica.

Tel Aviv, scontro al vertice sugli aiuti a Gaza

Incredibile a dirsi, ma l’unica voce critica sul piano d’occupazione è arrivata dall’interno dell’esercito israeliano. Durante la riunione del gabinetto, il Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir ha difeso l’importanza di far entrare aiuti umanitari nella Striscia, opponendosi alla linea brutale sostenuta dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Quest’ultimo, in piena sintonia con la visione messianica israeliana, ha proposto di bombardare le riserve alimentari di Hamas e ha negato qualsiasi necessità di ulteriori aiuti: “Gaza ha abbastanza cibo”. Zamir ha risposto duramente: “Idee come questa mettono in pericolo Israele”. Ma a sorpresa, a prendere le difese di Ben Gvir non è stato un fanatico qualunque, bensì lo stesso Benjamin Netanyahu, che ha zittito il generale ricordando che “ogni ministro ha diritto a esprimere la propria opinione”. Opinione che, in questo caso, prevede di affamare una popolazione civile sotto occupazione militare. Il generale ha insistito: “Esiste il diritto internazionale e Israele si impegna a rispettarlo. Non possiamo affamare la Striscia”. Parole di pragmatico buon senso che, in un clima di isteria bellica, suonano quasi sedizione. Il che dice molto, forse troppo, su come si sta orientando oggi la leadership israeliana.

Hamas: “Nessuna tregua”

D’altro canto, Hamas ha annunciato di non voler più partecipare ad alcun negoziato per una tregua, denunciando la “guerra della fame” condotta da Israele e accusando la comunità internazionale di complicità tramite l’inazione. Certo, fino a oggi per Israele “il nemico era Hamas, non i palestinesi”, ma alla luce del piano approvato – che prevede un’occupazione militare permanente, il controllo del territorio e l’imposizione di un nuovo ordine – è legittimo chiedersi quanto ci fosse di vero. La sproporzione tra l’obiettivo dichiarato (eliminare Hamas) e i mezzi adottati (distruzione sistematica di infrastrutture civili, sfollamenti di massa, restrizioni agli aiuti umanitari) apre scenari inquietanti. È lecito domandarsi se il piano fosse pronto da tempo, in attesa di una giustificazione plausibile per essere messo in atto. E la coincidenza tra l’imminente visita di Donald Trump e il rinvio dell’attuazione sembra suggerire che anche in questa fase, la dimensione propagandistica peserà più della strategia militare.

Israele ha mano libera

Il conflitto in Medio Oriente si è trasformato in qualcosa di più profondo e pericoloso: non solo una guerra, ma una ridefinizione forzata degli equilibri territoriali che volenti o nolenti perduravano dal secolo scorso. L’occupazione annunciata della Striscia di Gaza è una dichiarazione d’intenti, che segue alla spartizione annunciata della Syria tra turchi e israeliani. Nonostante la comunità internazionale non sia mai stata così lontana – moralmente e ideologicamente – dal governo di Tel Aviv, Israele si ritrova comunque ad avere mano libera sul destino di più di 2milioni di civili. Tra le macerie di Gaza, a morire non è solo un popolo, ma anche ogni residua credibilità del cosiddetto diritto internazionale.

Sergio Filacchioni

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