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Governo, 4 novembre di nuovo festa nazionale…anzi no: storia di una buffonata

by Stelio Fergola
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4 novembre

Roma, 14 lug – Il 4 novembre di nuovo festa nazionale? Nei giorni scorsi, confessiamolo, molti si sono esaltati (sottoscritto compreso), per la notizia del voto in Senato riguardante il presunto “ripristino” della giornata in questione come festività. In aula, si sono astenuti solo i grillini. Tutti gli altri hanno votato sì: perfino il Pd. Avete letto bene: il Pd ha votato sì al 4 novembre festa nazionale. Ma quando il Pd vota sì su certe questioni c’è sempre qualcosa che non va.

Festa nazionale? Sì, anzi no: proclami e retromarce

Ripetiamo tutti insieme, come se fossimo in una classe di prima elementare: “Cosa significa ripristinare il 4 novembre come festa nazionale?”. Rispondiamo in termini spiccioli e semplici: “Significa renderlo giorno festivo”. Nel senso più chiaro possibile: in cui non si va a lavorare. Renderlo una festa a tutti gli effetti, allontanandola dalla panchina del tutto secondaria della “solennità civile” che non comportando alcun invito a stare al di fuori della routine giornaliera, porta alla naturale conseguenza di allontanare le generazioni presenti e future dalla consapevolezza del suo ruolo storico (nonostante esso sia testimoniato da una presenza impressionante di monumenti e strade ad esso dedicate).

Dunque, ripristinare il 4 novembre come festa nazionale significa renderlo giorno festivo. Non c’è altro. E qualsiasi altra “mossa” non muta assolutamente nulla del quadro attualmente attuale. Ebbene, il governo l’altro ieri ha ricevuto il “Sì” dal Senato per una presunta norma che non cambia assolutamente nulla del quadro attuale. Sebbene il proclama ufficiale reciti del “ripristino della festività nazionale” come anche proposto dal senatore Maurizio Gasparri appena qualche giorno dopo l’avvio della nuova legislatura. Purtroppo, non è così. In aula è arrivato un testo che è la versione ultrarimaneggiata delle intenzioni originali, il quale peraltro accoglie pienamente una proposta del Pd, ovvero quella di aggiungere semplicemente la dicitura “delle Forze Armate” a quella già presente di “Giornata dell’Unità nazionale”. Per poi aggiungere un’esortazione a scuole e comunità locali “a celebrare la ricorrenza”: niente di dirimente, niente di strutturato. In sintesi, caratteristiche già oggi presenti. Quindi a che serve questo voto? La risposta è mesta: a nulla. Il 4 novembre continua ad essere messo nelle stanze dell’oblio collettivo, nonostante la sua importanza vitale per la storia di questa Nazione, mentre al centro dell’attenzione restano le disfatte, i traumi perfino psicologici celebrati come trionfi.

Nel 4 novembre c’è circa la metà di una storia da recuperare per affrontare presente e futuro

Ci sono due questioni del passato che l’Italia deve assolutamente affrontare per poter sbloccare il futuro, anzitutto mentalmente, prima ancora che culturalmente e politicamente. Chi le limita alla storia è profondamente ingenuo: quella stessa storia, declinata in un certo modo, porta gli italiani del XXI secolo a comportarsi in maniera ad essa incline. Insomma, il passato influenza eccome il presente e diventa un atto pratico, non semplicemente ideale. Le due questioni in oggetto, non a caso, impediscono alle generazioni che si susseguono (siano esse politiche, intellettuali, o banalmente cittadine “votanti”) di affrontare i problemi che si presentano con l’atteggiamento più equilibrato, basato su una corretta autostima di sé stessi e per lo meno di una consapevolezza reale dei propri mezzi, collettivi come individuali. Hanno sempre dimostrato di farlo. Le “due questioni” sono il 4 novembre 1918 e il 25 aprile 1945. Due totem attualmente incasellati in forme di “tradizione istituzionale” opposte. La prima è sostanzialmente una festività rituale per nulla tramandata ai cittadini di qualsiasi età, il che ne favorisce il naturale e logico oblio. La seconda è sponsorizzata ovunque, ogni anno, per fortuna senza una formazione rigida delle generazioni di giovani (con conseguente indifferenza delle stesse, eccezion fatta per le solite minoranze vicine alla sinistra).

Ma soprattutto, la prima rappresenta una vittoria che ha unito gli italiani e che ha completato il processo risorgimentale, la seconda non solo è una sconfitta, ma la più tragica delle disfatte che il popolo italiano abbia mai affrontato. È futile ripetere quanto nella necessità di rimarcare l’estrema negatività della seconda non c’entri nulla il fascismo. Prima della disfatta oggi celebrata, potrebbe esserci stato qualsiasi regime o visione ideologica. La questione non è quella, bensì capire che la perdita di indipendenza italiana comincia, nei termini in cui la conosciamo oggi, dal 1945, e che su questo ci sia ben poco da discutere. Chi ciancia contro il dominio americano sul nostro territorio può comportarsi in due modi: fare finta di niente e continuare a urlare, oppure assumere una consapeolezza concreta e, forse, iniziare a comportarsi in modo altrettanto concreto. Da questo tunnel strettissimo si esce in un solo modo. Come si esce in un solo modo dalla “Vittoria dimenticata”, ricordandola e comprendendone l’importanza, per la compiutezza dell’Italia come Nazione. Perché finché il 4 novembre non diverrà patrimonio istituzionale primario e il 25 aprile non sarà cancellato dal calendario, il popolo italiano non solo non potrà mai essere libero, ma non potrà neanche iniziare a “pensarsi” libero.

Stelio Fergola

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2 comments

Daniele 14 Luglio 2023 - 9:22

Il 4 novembre è l’Anniversario della vittoria e così dovrà essere ricordato. Ma le istituzioni sono troppo deboli per ripristinare questa sacra festività. Hanno paura di offendere i vecchi nemici, che non sono diventati i nuovi amici.

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DELFINO ANTONIO 15 Luglio 2023 - 10:04

Finalmente festeggeremo una vittoria e non una sconfitta. E’ cambiata l’aria!!!

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