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Il sovranismo si sta trasformando in Fantozzi?

by Michele Iozzino
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Roma, 4 aprile – Cinquant’anni fa usciva per la prima volta nelle sale italiane Fantozzi. Il ragioniere era destinato a diventare un personaggio di culto, vera e propria maschera tragicomica della società italiana. Ma a distanza di tutto questo tempo la creatura di Paolo Villaggio ha subito una strana trasmutazione (come giustamente notato da Progetto Razzia): da semplice sfigato a oggetto di nostalgia, da sfruttato in Megaditta a immagine di un paradisiaco posto fisso, da perdente a modello. In questa rincorsa fantozziana all’Italia dell’altro ieri, con le sue miserie scambiate per virtù, ci si è buttato in pieno gran parte di quello che era il mondo sovranista.

Una sinistra che è rimasta indietro? Il sovranismo boomer e Fantozzi

In un articolo di qualche anno fa avevamo tentato di inquadrare i cambiamenti (in peggio) nel campo sovranista distinguendo un nuovo tipo di sovranismo, quello boomer. Eravamo nel 2021, il meme “Ok, boomer” era già una moda fastidiosa, tanto che qualcuno si è effettivamente sentito in dovere di inorgoglirsi per quell’appellativo. Con l’aggettivo boomer noi volevamo dire qualcosa di diverso dal semplice conflitto generazionale, da quell’aria di sfigata faciloneria che era appunto lo stile dei boomer. Volevamo affermare che il sovranismo si era contorto su sé stesso, finendo per idealizzare il tempo dei boomer. In altre parole, il mondo del secondo dopoguerra, del boom economico o, ancora più correttamente, del boom di nascite, fino agli ‘80, era diventato l’orizzonte valoriale di una certa parte politica. Ma quel mondo è lo stesso del trionfo dell’ultimo uomo, del materialismo di una società borghese e consumista, insomma di Fantozzi.

Non solo, quindi, il sovranismo boomer era goffamente nostalgico, ma lo era anche per i motivi sbagliati. Tutto ciò poneva e pone altri problemi, perché in questo senso il sovranista boomer è solamente qualcuno che rimasto indietro. Il retroterra cultura di fondo è lo stesso del progressismo, con il suo vittimismo, le sua cultura del piagnisteo, il suo egoismo ombelicare e il suo moralismo. Il sovranismo boomer è una sorta di cannibalizzazione della sinistra da parte di sé stessa. La maggioranza si trova a vivere nel mondo della cosiddetta discriminazione positiva, un mondo in cui le minoranze sono maggioritarie perché privilegiate, scoprendosi discriminata proprio in quanto maggioranza, e finendo per adoperare il linguaggio e gli strumenti politici delle minoranze, cioè del progressismo e dell’egualitarismo. Il lavoratore di ieri che si sentiva sfruttato e lottava per la sua emancipazione, ora si indigna che sia qualcuno più a sinistra di lui e vorrebbe ribadire che Fantozzi è lui soltanto.

Messa in altri termini, il sovranista boomer andrebbe su tutte le furie se ci fosse un nuovo Fantozzi appena sbarcato a Lampedusa o a cui piace travestirsi da fatina dei denti omosessuale, senza rendersi conto che già di per sé Fantozzi è un problema. È la “negazione vivente di ogni idea di stile”, per usare le parole di Adriano Scianca, è l’immagine grigia e inferocita della peggiore borghesia italiana, è il fondo oscuro di una società che ha perso ogni verticalità. Uno specchio disgustoso di cui appunto dovremmo ridere, distanziandocene. Al contrario, c’è chi si è immedesimato fin troppo bene nei panni del ragioniere Fantozzi.

Perché il sovranismo non deve morire fantozziano

La triste parabola che ha portato dal sovranismo al fronte del dissenso, il passaggio da un mito mobilitante a una faccenda da sfigati, può quindi essere benissimo rappresentata da Fantozzi. Anche il passato comunista del suo autore è qualcosa che oggi verrebbe rivendicato con orgoglio. Così come viene rivendicata quell’Italia provinciale e fantozziana, di attese davanti alla televisione seduti su divani incellofanati, con l’immancabile canottiera e le Peroni gelate (almeno quelle), di classismo gretto e ridicolo, di conflitti irrisolto tra un’intellettualità vuota perché autoreferenziale e il suo perfetto specchio di ignoranza, faciloneria, e basse pulsioni. Un esempio recente di questo abbrutimento sono le polemiche sul riarmo europeo e la guerra in Ucraina. Di tutte le argomentazioni, si sceglie di utilizzare quelle peggiori, di godere della propria debolezza, di tifare contro sé stessi, di rassegnarsi a un disfattismo odioso, perfino di incollerirsi verso chi non si arrende. Se l’Italia cercava eroi, ha trovato solo puttane.

Ancora prima che nei contenuti, tutto questo cozza con quello che sarebbe dovuto essere il sovranismo anche solo nello stile adottato, nella sua forma. Non c’è una dimensione alta, tragica, spirituale. La sovranità non evoca più l’idea di un confine da difendere, di una identità profonda da rivendicare, di una spinta in avanti, ma semplicemente la vigliaccheria chiassosa di chi non vuole essere disturbato dagli sconvolgimenti della storia. Ciò si traduce anche nelle allucinazioni di chi pretende di vedere nella Russia un elemento salvifico, sacrificando su questo altare la sovranità dell’Ucraina, salvo poi fare spallucce quando scopre che i valori portati avanti dalla Russia sono l’antifascismo e il disprezzo per l’Europa (accusata di tutto, dal colonialismo alle crociate). Un innamoramento che, ironia della sorte, spesso sottende una svalutazione verso l’Italia e gli italiani di oggi. E non si capisce perché i sovranisti possano disprezzare i governi italiani di turno, mentre ci accusano di essere alla stregua della Bonino quando da queste pagine parliamo di Europa potenza. A essere coerenti con loro stessi, dovrebbero essere contro non solo questa Italia ma contro ogni Italia così come sono contro non solo questa Europa ma contro ogni Europa. Oppure dirsi della stessa pasta di quei governanti che odiano.

La volontà del disarmo, del non intervento, di fuggire dal proprio destino stride con una concezione sana del sovranismo. Tornando a una radice prettamente nazionalista, troveremmo, ad esempio, un Corradini che a riguardo della pace dice perentorio: “Quando si vuole la guerra interna, si è pacifisti”. Un pacifismo che è anche il modo con cui “gli imperi pervenuti al loro apogeo” si difendono “dal sorgere e crescere di altri imperi concorrenti e rivali”. Affermazione, quest’ultima, che descrive perfettamente il comportamento di Stati Uniti e Russia nei confronti dell’Europa. E, che piaccia o no, quel che è fatto contro l’Europa è fatto anche contro l’Italia. Serve a poco una visione da campanile per la quale ci si dovrebbe limitare all’Italia, mentre l’Europa e i “cugini” francesi, tedeschi o inglesi sarebbe il nemico, perché il più delle volte equivale ad una auto-castrazione, al non riconoscere l’Europa come il campo d’azione naturale per l’Italia.

Molto spesso a questo disinammoramento per l’Europa segue l’infatuazione per potenze estere, come la già citata Russia di Putin, o l’America di Trump o la Cina di Xi Jinping, che però assomiglia all’infatuazione fantozziana per la Signorina Silvani, cioè verso una donna brutta e antipatica che ha il solo pregio di non essere sua moglie. Ma se il sovranismo si sta trasformando in Fantozzi, se per il futuro vuole essere soltanto un becero reazionarismo, lo farà contro sé stesso, lasciando sul campo le proprie idee ed energie migliori, presentandosi disarmato agli appuntamenti con la storia

Michele Iozzino

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