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Immigrazione: per il CSM Marina bisogna “Fare come con la Tunisia”.

by Paolo Mauri
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Girardelli

Il Capo di Stato Maggiore Marina Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli (foto Min. Difesa)

Roma, 1 ott – Nella giornata di giovedì, 29 settembre, si è riunito il Comitato Parlamentare di Controllo sull’Attuazione dell’Accordo di Schengen  presieduto dall’On. Laura Ravetto (Forza Italia) e che ha visto l’intervento del Capo di Stato Maggiore della Marina Amm. di Squadra Valter Girardelli, chiamato a riferire sulla situazione del contrasto all’immigrazione e sulle attività della Marina Militare.

Ad aprire l’audizione è stata l’Onorevole Ravetto che ha presentato i dati sull’immigrazione per il 2016: sino ad agosto sono 271mila gli arrivi in Europa, di cui 163mila in Grecia, 106mila in Italia e solo 2500 in Spagna. Quello che spicca è come, mentre in Grecia si è assistito ad un sostanziale arresto degli arrivi nel corso di questi primi 8 mesi, in Italia la situazione è opposta con i picchi di arrivi situati in questi mesi estivi: solo ad agosto nel nostro Paese sono infatti arrivati più di 22mila immigrati. Oltre ai meri numeri l’Onorevole ha chiesto delucidazioni sui compiti della Marina Militare nel quadro sia dell’emergenza immigratoria sia per i mutati assetti della Nato e delle missioni internazionali, con particolare riferimento alla necessità di sostituire la missione “Active Endeavour”, operativa nel Mediterraneo Orientale sin dal 2001 in funzione antiterrorismo, con la missione “Sea Guardian”, di più ampio respiro e volta a dare stabilità a quello che viene chiamato “il fronte sud” dell’Europa.

L’Ammiraglio Girardelli ha quindi preso la parola, e dopo aver chiarito i compiti e le funzioni della Marina Militare, tra cui ci piace ricordare la difesa marittima del territorio nazionale e la protezione delle linee di traffico navale vitali per il sistema produttivo italiano, ha anche riferito che il contrasto delle attività illecite, tra cui il traffico di essere umani attraverso le ondate immigratorie, è un problema fondamentale oltre ai meri compiti di SAR (Search And Rescue) effettuati dalle nostre unità navali. Nello specifico ha spiegato che il Mediterraneo è diviso in settori di competenza per le attività di ricerca e soccorso in mare e che in caso di chiamata di emergenza è fatto obbligo al Paese che gestisce un determinato settore di intervenire, allo stesso tempo però, se c’è l’impossibilità di intervento da parte di chi di competenza, l’obbligo è che chi ha ricevuto la chiamata, quindi le unità navali che incrociano in quel particolare braccio di mare, intervenga in aiuto. Questo meccanismo è di particolare importanza nel caso della Libia, da cui, come ci ricorda l’Ammiraglio, proviene la quasi totalità degli immigrati nel nostro Paese. La Libia infatti non ha modo di esercitare la propria sovranità sulle acque di sua competenza, pertanto la nostra Marina Militare, coadiuvata da altri 25 Paesi nella missione EuNavfor Med, è obbligata ad intervenire per fornire soccorso in mare. Per ovviare a questo flusso incontrastato, l’Ammiraglio Girardelli suggerisce che si proceda con la Libia come si fece con la Tunisia: fu stipulato un accordo bilaterale e vennero dati al Governo di Tunisi strumenti per il controllo del mare, come motovedette, e addestramento speciale per porre fine all’ondata di immigrati proveniente da quel Paese. Modus operandi che è stato coronato dal successo dato che, riferisce l’Ammiraglio, gli immigrati non arrivano più dalla Tunisia.

Il problema della Libia però è che il Governo di Unità Nazionale di Siraj non ha il pieno controllo nemmeno del territorio continentale, figuriamoci di quello marittimo, e che il business dell’immigrazione rappresenta circa il 16% del Pil della Libia. Nonostante questo Siraj ha richiesto che vengano forniti a Tripoli i mezzi per poter esercitare la loro sovranità anche marittima pertanto, come ci spiega ancora una volta il CSM Marina, dopo il primo passo di EuNavfor Med, è in previsione un secondo passo più specifico che vedrà la Marina Militare fornire mezzi e addestramento al Governo di Tripoli: è in previsione di cedere una unità da sbarco e di inviare una squadra di istruttori per formare un primo contingente di 80 ufficiali libici che dovranno addestrarsi in alto mare alle tecniche di soccorso e controllo delle attività illecite. EuNavfor Med che però, come abbiamo più volte rimarcato, risulta essere più una forma di invasione assistita che una reale forma di contrasto all’immigrazione: le navi dei 25 Paesi che operano non possono intervenire in acque libiche per la mancanza di accordi con Tripoli e per la mancanza di un mandato Onu, inoltre, come lo stesso Ammiraglio ha ricordato durante l’audizione, esiste un accordo europeo per lo sbarco degli immigrati salvati in mare da tutte le navi dell’operazione in “hotspot” italiani, ovvero nei nostri porti, a cui dovrebbe seguire una ridistribuzione tra i vari stati membri, cosa che però puntualmente non avviene con tutte le conseguenze del caso che si vedono quotidianamente nelle nostre città. Sembra quindi che parlare di respingimenti assistiti, e di accordi internazionali in tal senso, sia ancora un tabù, eppure, considerati i numeri di questa immigrazione che, a dispetto di quanto propagandato dal Governo, non vanno affatto scemando, è l’unica soluzione tampone veramente efficace: gli accordi con il Governo Siraj dovrebbero prima di tutto procedere in tal senso e secondariamente guardare alla formazione di forze locali atte al controllo e alla salvaguardia della “sovranità nazionale” libica, visto che l’emergenza immigrazione è diventata una costante in questi anni.

Paolo Mauri

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