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La gioventù in marcia: il Blocco Studentesco sfila nel cuore di Cagliari

by La Redazione
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Cagliari, 1 nov – Nel centro del capoluogo sardo è andata in scena una prova di forza politica e organizzativa che ha smentito un luogo comune durato anni: non esistono “zone vietate” dove la gioventù identitaria non possa entrare.

La prima marcia identitaria a Cagliari

Il Blocco Studentesco ha guidato per la prima volta a Cagliari una marcia compatta di circa duecento ragazze e ragazzi arrivati dal Sud e dalle Isole, attraversando il centro cittadino con bandiere e slogan – inclusi striscioni identitari e cori contro la precarietà studentesca – lungo un percorso autorizzato che ha toccato l’area di piazza Repubblica. Nel frattempo, un presidio antifascista, convocato in poche ore con passaparola, ha tentato per due volte di intercettare il corteo, innescando cariche di alleggerimento e l’uso dell’idrante da parte della celere; tre persone sono state fermate nelle fasi più concitate e un’altra identificata mentre filmava. Tutto questo è documentato dalle cronache di RaiNews, L’Unione Sarda e ANSA (video e fotogallery), che descrivono anche la città blindata e il dispositivo di ordine pubblico attivato per tenere separati i due schieramenti. (RaiNews)

La disciplina contro la provocazione

La manifestazione del Blocco è stata costruita nelle settimane precedenti con un messaggio chiaro alla platea studentesca del Mezzogiorno: “contro stage non retribuiti, precariato giovanile e scuole-azienda, affermiamo la giustizia sociale per tutti gli studenti italiani”. Questa cornice sociale è stata ribadita in testa e in coda al percorso, dove i militanti hanno spiegato perché la presenza a Cagliari non fosse una dimostrazione muscolare ma un diritto di cittadinanza politica: la voce degli studenti non allineati né a sinistra né a destra ha titolo a stare nelle piazze esattamente come chiunque altro. Che la contro-mobilitazione puntasse a monopolizzare l’attenzione mediatica è evidente: fumogeni, bottiglie infrante e ripetuti tentativi di forzare i varchi sono diventati il centro della narrazione dei grandi media. Ciononostante, il corteo è proseguito con ordine e compattezza, confermando un dato di fatto: Cagliari non è (e non sarà) una comfort-zone di nessuno. I dettagli operativi (doppio tentativo di contatto con il corteo, cariche, idrante, fermi) risultano nelle ricostruzioni pubblicate nel pomeriggio del 1° novembre. (RaiNews)

Il significato politico: dal Sud parte una smentita

L’elemento politicamente più interessante non sono i fumogeni, ma chi c’era e perché c’era. Una colonna meridionaleha scelto di marciare in una città spesso raccontata come ostile a ogni presenza non conforme. La scelta comunica due idee forti.
Primo: la frattura non è destra/sinistra, ma generazionale e sociale: contro lo sfruttamento mascherato da “opportunità formative”, contro l’“impresa scuola” che chiede CV perfetti senza mai retribuire l’apprendistato, contro l’emigrazione come destino. Secondo: non si rivendica un passato imbalsamato, ma si indica un orizzonte europeo di giustizia e dignità: “perché la nostra patria è l’Europa ed è oggi minacciata nella sua identità millenaria: tra imperialismo russo-americano, invasione migratoria e classi dirigenti colluse con un sistema che sradica popoli e comunità”. Il messaggio, dunque, non è un riflesso nostalgico: è un programma. E il campo d’azione scelto è quello concreto delle scuole, delle università, dei quartieri: tornare visibili e organizzati, sottraendosi al fatalismo. Le cronache locali registrano la novità: piazze, cordoni, canti e logistica hanno avuto dimensione territoriale e non da “calata esterna”. (L’Unione Sarda.it)

Il perimetro mediatico: i fatti e la loro rappresentazione

Il frame mediatico ha insistito sugli incidenti di contorno – “tensione”, “città blindata”, “scontri” – complice la spettacolarità delle immagini: reparti in assetto antisommossa, idranti in azione, fumogeni e fermati. Eppure, proprio in quell’inquadratura si vede un dato essenziale: il corteo del Blocco era autorizzato e ha mantenuto la propria linea di marcia, mentre i tentativi di forzare i varchi sono arrivati dall’area antagonista. Non c’è bisogno di dietrologie: basta leggere con attenzione i lanci e guardare i video ufficiali pubblicati nel primo pomeriggio per verificare l’ordine del movimento studentesco a fronte dell’agitazione dei contro-manifestanti. Questo non “assolve” nessuno: semplicemente rimette i fatti in sequenza. (RaiNews)

La linea ideale: “L’Europa sarà libera”

La chiusura della giornata ha avuto la forma di un impegno generazionale. A Cagliari, i militanti hanno sintetizzato il senso della loro presenza: “l’Europa sarà libera”. Non per reazione o nostalgia, ma per costruire dal basso una patria che non si è mai vista: europea nella lingua e nella cultura, italiana nella responsabilità; capace di ridare dignità al lavoro, ordine alla scuola, senso alla comunità. L’Europa evocata non coincide con burocrazie o linee geopolitiche d’importazione: è un orizzonte di civiltà che rifiuta di essere schiacciato tra Washington e Mosca e che contesta l’ideologia dell’uomo-sradicato – merce, voto, algoritmo. Qui sta la differenza: nazionale, non filorussa; europea, non subappaltata. La battaglia è culturale prima che elettorale, ma non si esaurisce in slogan: “Gli studenti devono impegnarsi e lottare in ogni strada, in ogni scuola, in ogni università contro rassegnazione e fatalismo. Noi faremo la nostra parte per scrivere una nuova pagina di storia.”

Cosa resta dopo Cagliari

Resta l’apertura di un fronte nel Sud che non è “folklore” ma organizzazione. Resta la constatazione che le piazze si conquistano stando nelle piazze, senza chiedere permesso a chi vorrebbe impedirne l’uso a chiunque non reciti il catechismo antifascista. E resta, soprattutto, la lezione ai più giovani: la politica è disciplina, studio, presenza. Gli episodi di tensione – come confermano video e cronache – non hanno scalfito la tenuta del corteo, che ha portato a termine il suo obiettivo visibile: esserci, farsi sentire, restituire orgoglio. Perché se “la nostra patria è l’Europa”, allora Cagliari è già casa.

Vincenzo Monti

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