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La guerra segreta: la controffensiva dell’Iran contro il Mossad

by Sergio Filacchioni
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Roma, 18 giu – Mentre il mondo osserva con il fiato sospeso lo scontro diretto tra Israele e Iran, c’è un’altra guerra che si combatte lontano dai riflettori: una guerra silenziosa, fatta di spie, sabotaggi, arresti, droni e controspionaggio. È la guerra invisibile, ma non meno decisiva, che si gioca sul suolo iraniano, dove la Repubblica Islamica tenta di smantellare l’ossatura clandestina dell’apparato israeliano che per anni ha operato indisturbato nel Paese.

Spie e sabotaggi: la rete israeliana in Iran

Dall’inizio dell’escalation, i servizi di sicurezza iraniani hanno lanciato una massiccia operazione interna contro presunti agenti del Mossad, scoperti in varie province del Paese. I casi si moltiplicano. A Teheran, nel tunnel di Tohid, sono stati arrestati soggetti coinvolti nella logistica dei droni. A sud della capitale, a Isfahan, è stato scoperto un impianto clandestino per l’assemblaggio di UAV. Nella provincia del Lorestan, una cellula è stata intercettata a bordo di un camion carico di esplosivi e droni suicidi. Uno degli episodi più clamorosi è stato l’arresto e l’esecuzione di un agente israeliano, accusato di aver trasmesso coordinate di obiettivi strategici al Mossad. E ancora: oltre 200 chili di esplosivo e più di 20 droni sequestrati a Fashafouyeh; kit per missili Spike modificati per il lancio remoto via internet; veicoli imbottiti di armi vicino all’aeroporto di Mehrabad. Le operazioni israeliane sembrano aver beneficiato per anni di una rete logistica profonda e ben radicata, oggi finalmente sotto assedio.

La guerra occulta che indebolisce Israele

Questi arresti – e il sequestro di attrezzature altamente sofisticate – non sono episodi isolati, ma segnali chiari: la macchina clandestina di Israele sta subendo perdite reali sul campo. La perdita di agenti e mezzi non solo compromette la capacità di colpire con precisione, ma costringe Israele ad abbandonare la strategia della pressione occulta e a lanciarsi in operazioni militari più dirette, con maggiori rischi e minori margini di copertura diplomatica. È il paradosso dell’intelligence: più viene scoperta, più costringe a scoprirsi. Le IDF hanno quindi dovuto alzare il livello degli attacchi, ma con il prezzo crescente dell’esposizione internazionale.

La risposta del popolo iraniano

Ma c’è un dato ancora più sorprendente e sistematicamente ignorato dai media occidentali: la reazione del fronte interno iraniano. In numerose città, sono stati registrati posti di blocco spontanei, controlli di cittadini sui veicoli sospetti, verifiche nei quartieri popolari per segnalare volti e presenze non familiari. Una mobilitazione popolare autentica, che smentisce la retorica mediatica sull’“odio del popolo iraniano verso il regime”. In realtà, l’offensiva israeliana ha finito per rafforzare il fronte interno della Repubblica Islamica, proprio come avvenne, a suo tempo, con Saddam Hussein nel 2003: l’aggressione esterna ha compattato le divisioni interne.

L’Iran come nuovo “Saddam”: solo, isolato e demonizzato

Per uno strano scherzo della storia, oggi è l’Iran a trovarsi nella posizione che fu dell’Iraq di Saddam: accerchiato, demonizzato, isolato sul piano internazionale, bersaglio fisso di una campagna militare e psicologica destinata ad annientarne l’autonomia. Con l’aggravante che questa volta, a spingere per la caduta del “regime” iraniano, non è solo l’Occidente, ma un blocco compatto israelo-arabo che comprende le monarchie del Golfo, da tempo passate dalla causa palestinese alla piena cooperazione con Tel Aviv.

Disinformazione e censura: la guerra dell’informazione

A complicare tutto, c’è il terreno scivoloso della disinformazione. In un conflitto dove entrambe le parti hanno interesse ad amplificare le proprie “vittorie” e i fallimenti dell’avversario, il confine tra verità e propaganda si fa sottile. Si parla di supremazia aerea israeliana in Iran, ma la realtà è che gli attacchi sono per lo più effettuati con droni e missili da crociera NLOS, e non hanno intaccato né il programma nucleare iraniano né la capacità missilistica di Teheran. Anche sul fronte israeliano, la censura è durissima: vietate le riprese dei missili nei cieli, arrestati cittadini stranieri negli hotel, Iron Dome andato in tilt nella notte senza che ci fossero attacchi dichiarati. Tre petroliere incendiate nel Golfo dell’Oman e intenso traffico marittimo verso Cipro fanno pensare a forme di attacco asimmetrico e cyber ancora non rivendicate.

La guerra c’è già, anche se vediamo solo la superficie

La narrativa dominante presenta Israele come il bastione della civiltà e l’Iran come “il prossimo pericolo”. Ma la realtà è che la guerra è già qui da anni: una guerra fatta di droni, infiltrazioni, sabotaggi, censure e repressione diplomatica, e che oggi – con l’escalation militare – è semplicemente esplosa in superficie. Tutto ciò dimostra, al di là di ogni narrazione propagandistica, che Israele non sta combattendo una guerra difensiva, ma offensiva e pianificata, condotta da anni all’interno del territorio iraniano.

L’Iran rimane isolato ma non è sconfitto

L’obiettivo non è solo colpire, ma smantellare l’Iran dall’interno, preparare il terreno a un cambio di regime e completare la ridefinizione del Medio Oriente sotto un asse israelo-arabo, funzionale agli interessi di Washington. L’Iran, per quanto isolato, resta l’ultima isola di autonomia strategica nell’area, e proprio per questo deve essere neutralizzato. Il conflitto attuale non è dunque uno scontro tra stati, ma la fase avanzata di un progetto geopolitico totale iniziato nel 2011, nel quale tutta l’Europa ha osservato impotente.

Sergio Filacchioni

    

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