Roma, 9 apr – Solo qualche giorno fa, proprio dalle colonne di questo giornale, davamo notizia del delirio che imperversa nelle scuole a seguito dell’azione del Blocco Studentesco reo di aver esposto un cartello con la dicitura “antifascismo = mafia”. Tra supponenti metodi di rieducazione messi in atto ancora non figuravano le punizioni corporali, ma queste non sono tardate ad arrivare. Anzi, come ogni (buona) scuola degna di tale nome, gestita ormai sempre più in maniera manageriale col fine dell’essere un mero diplomificio, tale compito viene affidato a ditte esterne, ma che fanno sempre parte dell’indotto. E chi meglio di un alleato storico e fidato quale l’Anpi che non solo si è aggiudicata la gara, ma ha mantenuto l’indiscussa figura di testa di serie persino con un governo di centrodestra, che, come se non bastava già l’Anpi, ha aperto la collaborazione scolastica a tutte le associazioni partigiane?
Quando l’Anpi minaccia di prendere a sberle uno studente
Se fosse successo a parti inverse ciò di cui si è resa protagonista la presidente (neo) partigiana Maria Ester De Tomasi all’Istituto “Carlo Volontè” di Luino, nel varesotto, la notizia avrebbe aperto tivvù e giornali per un mese. L’accaduto avrebbe monopolizzato i notiziari, il Governo si sarebbe dovuto dimettere, il Ministro dell’Istruzione e del Merito sarebbe stato portato direttamente in Piazzale Loreto – così avrebbe pagato anche lo scotto per la “fascistizzazione” del logo ministeriale – i programmi scolastici sarebbero dovuti cambiare immediatamente (ancora? di più?), l’anno scolastico si sarebbe dovuto interrompere in attesa della depurazione (magari per mezzo di una purga!), il corpo docente avrebbe dovuto fare pubblica ammenda, si sarebbero finalmente cestinate lauree, master e dottorato e si sarebbe dovuto esibire solo il certificato collettivo di dichiarazione dell’identità antifascista.
Tra un assordante silenzio generale, eccezion fatta per qualche voce libera che poco o nulla conta per la faccia, non meno e non più del gol della bandiera, e senza ricorrere ad eccezionali periodi ipotetici, la rappresentante (dei nipoti) dei partigiani in Lombardia ha espresso il desiderio di “prendere a sberle” un giovane vicepresidente di Gioventù Nazionale e assessore comunale reo di averla contraddetta.
La neopartigiana, invitata a scuola insieme con lo storico dell’Università dell’Insubria Antonio Maria Orecchia per tenere un convegno sugli ottant’anni del 25 aprile, si è cimentata in un paragone quantomeno bislacco: “Immaginate di mangiare dei Chicken McNuggets per tanti giorni di fila senza riuscire ad andare in bagno. Fino a quando un giorno, il quinto, ce la si fa. Una liberazione, dunque”. Ne consegue, allora che la liberazione è una cagata pazzesca!
Quell’odio rosso per il contraddittorio
Qualcuno potrebbe pensare che l’ira a cui voleva dar piglio la PresidentA sia scattata quando il “giennino” le aveva ricordato che la resistenza è anche sinonimo di polli, di ladrocinio di polli e di galline e, invece, no. L’elargizione degli schiaffi parte, invece, quando il discolo ricorda alla novella discente dei banditi che i suoi avi combatterono sì una dittatura, ma per instaurarne un’altra! La mangiatrice di… chicken mal digerisce l’essere stata al soldo di Tito, di aver tentato e fallito di portare il comunismo russo in Italia, di essere i diretti responsabili dell’orrore delle Foibe e fa sapere che non si dice pentita, come riporta Malpensa24: “Non era previsto alcun dibattito e tutto è successo a fine convegno. Lo studente ha voluto parlare a tutti i costi con un’azione arrogante e da squadrista”. Sarà questo, allora, il vero motivo della partigiana ira che tanti schiaffi addusse al fratellino d’Italia? Il contraddittorio! Giammai! Non si è mai visto un dibattito rosso che preveda il contraddittorio, il confronto, il mettere in dubbio. Supponenti monologhi senza che qualcuno possa provare a far notare loro che, probabilmente, non è proprio tutto come hanno reinterpretato la storia. Che se qualcuno aspetta educatamente che i relatori finiscano di parlare, magari avendo seguito con partecipato interesse, per poi prendere la parola non è affatto un’azione squadrista.
La liberazione è una cagata pazzesca!
Criticare l’avvicendamento di una dittatura per un’altra dovrebbe far riflettere, dovrebbe essere sprone per una riflessione, per un dibattito, magari per uno nuovo. Sembra di assistere ai deliri onanistici odierni da parte di quelli che per tifo e nulla più sperano solo di cambiare padrone, ma non di essere liberi.
Essere liberi di criticare o di amare una dittatura, soprattutto dopo che, nipoti di partigiani e giovanissimi, hanno vissuto una tirannia che ci ha privato “democraticamente” di ogni libertà e nessun vantaggio ha prodotto per la Nazione di appartenenza. La stessa Nazione in cui hanno combattuto una guerra a guerra finita, contro la loro stessa gente a cui hanno rubato polli e galline per andare ad abbuffarsi “lassù in montagna”, dove si procurarono “a credito” – voce del verbo “compagno: tu fatichi e io magno” – grano, burro e formaggio per fare una collettiva pastasciutta.
La liberazione: una storia iniziata con pollo e gallina, globalizzati in Mc e proseguita con la pastasciutta. Alla fine, ci sarà solo una grande cagata per tutti!
Tony Fabrizio