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La pratica buonista degli immigrati “eroi” premiati con la cittadinanza

by Fabio Pasini
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Milano, 22 sett – Certe volte anche chi si occupa di politica può leggere i fatti prescindendo dalle proprie idee e dalla propria cultura di riferimento. Capita perché quelle stesse volte basta scendere (o salire) sul piano della logica, del ragionamento consequenziale.

La stampa “buona”

Un argomento suggerito da fatti di cronaca è quello delle buone condotte di immigrati in determinati frangenti. Non importa se la stampa “buona” elimina dai titoli nazionalità e provenienza se lo straniero commette qualche nefandezza ed enfatizza le stesse quando, invece, si distingue positivamente. Non è lì il punto, anche se sarebbe più corretto (professionalmente) sottolineare subito – in un senso e nell’altro – elementi così caratterizzanti di un protagonista della notizia.

Valore premiale della cittadinanza

Il tema è un altro ed è legato al dibattito cittadinanza/ius soli. In attesa di vedere se le varie sinistre cambieranno le leggi in materia disponendo che uno è italiano solo per il fatto di essere nato sul nostro suolo, prestiamo attenzione al valore premiale che taluni pretendono di dare alla cittadinanza.

Il caso di Adam e Ramy

I casi sono diversi, uno su tutti. Il 20 marzo scorso, a San Donato Milanese, l’autista Ousseynou Sy, 46enne di origini senegalesi ma cittadino italiano dal 2004, sequestrò cinquanta bambini, due insegnanti e una bidella per poi dare fuoco allo scuolabus dirottato. L’uomo disse di aver compiuto quel gesto così grave, e per il quale è accusato di strage, sequestro di persona aggravato dalla minore età delle vittime, incendio, resistenza e lesioni, per “i migranti morti nel Mediterraneo”.

Si ricorderà del ruolo che ebbero nella vicenda due giovanissimi scolari di origine nordafricana, Adam e Ramy, che, con coraggio e prontezza di spirito, riuscirono a fornire via cellulare ai carabinieri la posizione del pullman, permettendo il loro rapido intervento ed evitando conseguenze più tragiche. Il fatto che i due fossero figli di immigrati fu messo in gran risalto e ancor di più che, come legge prevede senza che ai minori – è sempre bene sottolinearlo – sia negato alcun diritto, non fossero in possesso della cittadinanza italiana. Partita la relativa campagna, al “problema” si rimediò finalmente il 27 luglio con la trascrizione del conferimento dello status avvenuta in pompa magna in Comune a Cremona. Nel decreto da lui firmato il presidente della Repubblica definiva la loro condotta “di alto valore etico e civico”. Tutti contenti che i piccoli eroi non dovessero più attendere ancora pochi anni per diventare italiani, che si fosse data un’immagine positiva dei frutti dell’immigrazione e che, almeno simbolicamente, si fossero gettate ulteriori basi per l’introduzione dello ius soli.

E quando delinquono, che fine fa la cittadinanza?

Tutto bene, dunque? Mica tanto. E qui torniamo alla logica e al ragionamento consequenziale. Già, perché se la concessione della cittadinanza italiana può essere un premio per gesta particolarmente lodevoli, la sua revoca, specularmente, dovrebbe essere la sanzione ultima da parte dello Stato di fronte, quantomeno, ad atti criminali di particolare gravità. Il nostro ordinamento, ad oggi, ne prevede la perdita (oltre che per rinuncia e per via automatica) se lo straniero che l’ha precedentemente acquisita (vedi art.10bis della legge n.91/1992) a seguito di condanne per delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale e reati connessi per cui sono previsti determinati minimi di pena.

Il caso di Ousseynoy Sy

Caso ha voluto che nella vicenda del pullman di San Giuliano, oltre agli eroici Adam e Ramy, protagonista di quella che si sarebbe potuta trasformare in un’immane tragedia fosse anche e soprattutto il senegalese diventato italiano Ousseynou Sy. Ma nessuno di tale situazione speculare ha avuto la correttezza di parlare. Per la stampa mainstrem lo straniero fa notizia solo se è bravo ed è pure sbagliato che sia considerato straniero, insomma. Se lo stesso è un criminale, un molestatore, un terrorista, non è importante da dove provenga e, in ogni caso, ciò rappresenta un’attenuante per via, oltre che delle sue condizioni economiche, del disadattamento culturale che lo affligge. Insomma gli immigrazionisti vincono sempre. E non è difficile riscontrare una buone dose di razzismo – sì, di razzismo – in un simile atteggiamento. I motivi: si ritiene che la nostra cittadinanza abbia più valore di chi ne possiederebbe già una sua, si vuole nascondere un’identità etnica che dovrebbe essere rispettata anche se associata a condotte sbagliate, si tende a giustificare le violazioni della legge con la provenienza da culture ritenute, anche non troppo implicitamente, inferiori. Come definire dunque tutto questo?

L’argentino che salvò il bimbo

Per completezza di informazione ricordiamo un altro paio di casi, proprio di questi giorni. In un paesino in provincia di Lodi, martedì scorso, il benzinaio e studente Angel Micael Vargas Fernandez, ventenne di origine peruviana e cittadinanza argentina, in perfetta armonia col proprio primo nome, ha salvato la vita a un bambino di quattro anni caduto dal secondo piano di una palazzina. Il giovane lo ha preso al volo compiendo un vero miracolo. Un gesto meravigliosamente provvidenziale il suo che ha commentato con lodevole sobrietà e modestia: “Non mi sento un eroe, ho fatto quello che dovevo fare”. Bene, benissimo. Anche se poi, pure in questo caso, come ricompensa si parla della cittadinanza italiana, già richiesta dal padre e di cui il ragazzo sudamericano auspica, a questo punto, possa essere accelerata la pratica: “Come altri prima di me, conto di diventare cittadino italiano a tutti gli effetti”, ha dichiarato.

E poi c’è lo yemenita

A Milano un’altra storia del genere, che i giornaloni hanno reso più rilevante del fatto principale. Parliamo dell’accoltellamento, al grido di “Allah Akbar”, di un militare da parte di uno yemenita, già espulso dalla Germania per simpatie islamiste ma da noi “umanitariamente” accolto. Bene, a fermare la furia del fanatico musulmano è stato un altro straniero, senegalese di 52 anni, disoccupato con cinque figli, ma titolare di permesso di soggiorno illimitato. L’uomo ha colpito l’aggressore del militare con una catena per bicicletta (il mezzo non c’era più perché stranamente rubato in piazza Duca d’Aosta…), facendolo stramazzare al suolo e consentendo che fosse bloccato. Anche per lui è partita la corsa al pubblico elogio con abbondanti sottolineature della sua provenienza e della sua condizione, tanto che al “migrante eroe” sono già arrivate molte proposte di lavoro.

Scorrettezza intellettuale

Non solo. Sebbene non si parli ancora della mitica cittadinanza, l’extracomunitario potrebbe essere insignito di una nota benemerenza cittadina. A proporla, a sorpresa, un esponente leghista, noto per le sue vigorose battaglie contro l’immigrazione, il consigliere comunale e regionale Massimiliano “Max” Bastoni.”L’eroismo non ha colore né nazionalità – ha detto Bastoni -, chiederò in Consiglio comunale che sia conferito riconoscimento a Samba Diagne, il cittadino senegalese che ha bloccato il simpatizzante islamista che ha ferito il soldato in piazza Duca d’Aosta”. Un gesto cavalleresco e onesto quello del consigliere, che però si colloca in un contesto profondamente viziato dalla dilagante scorrettezza della cultura dominante, una scorrettezza intellettuale e, nel caso dei giornalisti, anche professionale.

Fabio Pasini

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4 comments

Commodo 22 Settembre 2019 - 2:12

Gli immigrazionisti vincono sempre. Per forza! Si sono “istituzionalizzati”. Si sono “incistati” nelle “istituzioni”. Al punto tale che le “istituzioni”, ormai, sono LORO! Potrebbero pure parafrasare il Re di Francia: “L’ Etat c’ est moi!” . E, finché l’ elettorato non sarà così diviso e frazionato, potranno pure parafrasare Nino Manfredi, nella parte di un Cardinale del Sant’ Uffizio in un celebre film: “A’ fijetto bello!… Le regole, le famo noi… Le carte, le demo noi… Er banco, lo tenemo noi, e spesso e volentieri baramo pure!… Hai perso…!…..” .

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Denis albanese 22 Settembre 2019 - 7:33

Dalle mie parti si dice :” Che i cani abbiano quanto li pare , il carovana va avanti “…per la serie bla bla bla…

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Louis Vermont 23 Settembre 2019 - 5:13

Per la cronaca precisa, il senegalese che ha “acciuffato” il presunto terrorista alla Stazione di Milano ha rischiato in verità di far precipitare la situazione visto che l’avevano già preso i militari lì di fianco, e questi lo hanno pure allontanato di botto. Certo il gesto era nobile, ma poteva finire in modo scriteriato.
Poi certo i media mainstream e alternativi sinistrosi, ogni volta che un allogeno combina guai, cercano subito di rimediare cercando una figurina di compensazione in modo da far rimanere intatta la loro retorica irenistica sui migranti. Emblematico il caso del bus di Crema dove si è messo in risalto i ragazzini allogeni oscurando gli altri bambini italiani e bianchi non meno coraggiosi nell’affrontare il pazzo senegalese con cittadinanza italiana che agito – sue testuali parole – per vendicare i suoi fratelli negri “annegati nel Mediterraneo”.
E chissà perchè non si chiede MAI, MAI, di revocare la cittadinanza a costoro.

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