Roma, 25 sett – Matteo Messina Denaro è morto. L’ex boss di Cosa Nostra si è spento questa notte in Abruzzo.
Messina Denaro è morto
Si parlava da tempo delle sue condizioni di salute precarie, fatto sta che a meno di un anno dal suo arresto, Messina Denaro è deceduto stanotte all’ospedale de L’Aquila, dove era ricoverato mentre scontava il 41bis e si stava sottoponendo alla chemioterapia. La situazione era degenerata già da venerdì 19 settembre, quando l’ex super boss era caduto in coma considerato irreversibile. Una situazione a cui i medici hanno seguito le indicazioni del paziente, il quale nel testamento biologico aveva rifiutato l’accanimento terapeutico, portandoli così ad interrompere l’alimentazione vitale. Essendo un attimino cinici, considerato il peso morale – in senso ovviamente negativo – del personaggio in questione, la riflessione sulla lotta alla mafia mon può che essere di altra ragione, a questo punto. Ovvero: che impatto può avere arrestare un boss “a fine corsa”?
Il prossimo argomento di cui discutere sulla lotta alla mafia
Lo avevamo sottolineato in passato: ogni arresto è sempre utile, anche il più insignificante. Perché non possiamo sapere se possa produrre mai qualcosa di costruttivo, anche nel tempo residuale che esso concede. Certamente, però, il prossimo “dato d’immagine” di cui tenere conto nelle operazioni di polizia contro la criminalità organizzata è quello di mettere in evidenza le tempistiche: perché i 30 anni di latitanza di Messina Denaro prima dell’arresto, a questo punto, pesano come un macigno. Il super boss è stato catturato in condizioni di salute già precarie, il che non può non lasciar supporre che si sia fatto prendere quando ben conosceva la sua sorte. Il suo predecessore, Berardo Provenzano, fu scovato dalle forze dell’ordine nell’aprile 2006, dieci anni prima della sua morte, in ogni caso “nell’età pensionabile”. Appare naturale pensare, quindi, che il prossimo tema di pressione – più forte possibile – sarà che rrestare sulla via del tramonto potrà essere percepito sempre più come “un argomento debole” per così dire.
Alberto Celletti