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Metti D’Annunzio a Monti: 10 anni della “Testa di Ferro”

by Carlomanno Adinolfi
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testa2Roma, 25 giu – Era il 25 giugno 2005 quando una piccola folla di militanti, di simpatizzanti ma anche di molti curiosi si affacciava davanti a una vetrina in via San Martino ai Monti 59, nello storico e omonimo rione al centro di Roma.

Quel pomeriggio segnò una data per certi versi storica per quella che allora era nota come Area non Conforme. Veniva infatti inaugurata una nuova libreria: La Testa di Ferro.

Il richiamo alle folli avanguardie dell’inizio del XX secolo che diedero vita al Futurismo, all’Interventismo, all’avventura fiumana e che furono la fucina di idee, di azioni e di volontà che poi sarebbero sfociate nel Fascismo, era già esplicito nel nome scelto per la libreria.

La Testa di Ferro era infatti il nome del quotidiano della Fiume occupata, fondato dall’ardito Mario Carli e le cui colonne furono riempite dagli articoli di futuristi, nazionalisti, anarchici, sindacalisti, pirati, insomma da tutte quelle anime ritenute inconciliabili ma che trovarono una sintesi nella loro sfida alle stelle per far ergere un popolo e una nazione.

I pannelli dipinti sulle porte della libreria poi toglievano ogni dubbio: da un lato la raffigurazione della Rissa di Depero e dall’altra folgori e geometrie taglienti e vorticose che facevano risaltare il logo della libreria, ovvero il profilo del Dux di Thayaht, definito dal Duce stesso “Mussolini come piace a Mussolini”.

Anche all’interno tutto richiamava il Futurismo, dal bancone in ferro testache ricordava le architetture metropolitane utopiche alla grande aquila stilizzata dal becco acuminato, anch’essa in ferro battuto, che si ergeva al centro della libreria e le cui ali erano formate idealmente dalle strutture in muratura contenenti gli scaffali dei libri.

L’apertura de La Testa di Ferro segnò un punto di svolta sotto vari aspetti. Non solo perché divenne il primo punto di vendita ufficiale del merchandise targato ZetaZeroAlfa – comprendente cd, maglie, felpe, borse, profumi, portafogli, fibbie, cappelli, giacchetti e molti altri oggetti divenuti cult appena messi in vendita proprio per la griffe della band e fino a quel momento acquistabili solo durante i concerti e quindi inaccessibili per molti simpatizzanti ma anche per molti militanti lontani dai luoghi delle esibizioni.

Ma anche perché finalmente l’Area non Conforme aveva un luogo da cui poter diffondere le proprie idee, la propria cultura e i pilastri su cui essa stessa si era formata. Dopo aver rinnovato e rivoluzionato la musica, l’estetica, la simbologia e la metodologia dell’azione politica, il passo successivo non poteva che essere quello di rinnovare e rivoluzionare le fondamenta stesse di quella cultura di idee che diventano azione.

La Testa di Ferro ha infatti da subito proposto testi ritenuti “eretici” non solo per il mondo esterno, ma spesso anche per lo stesso mondo della cosiddetta “destra radicale”. Testi spesso ritenuti “scomodi” o “sopra le righe” o “poco tradizionali”, perfino zetazeroalfa“pericolosi” da chi era rimasto prigioniero di schemi triti e ritriti divennero in poco tempo dei must.

I testi dei pazzi Futuristi, in primis Marinetti, i testi dei sindacalisti rivoluzionari con venature anarchiche da Sorel a Corridoni, testi di critica alla globalizzazione che comprendono anche venature punk e rock, fino ad arrivare a quello che per anni è stato il testo fondamentale della vetrina de La Testa di Ferro: il Diario di uno Squadrista Toscano di Mario Piazzesi, un caposaldo per comprendere le radici del Fascismo ma stranamente dimenticato da chi ha ritenuto l’esperienza squadrista troppo radicale e poco spendibile nei salotti della “buona politica”.

In pochi anni dall’apertura de La Testa di Ferro, il dimenticato diario di Piazzesi è andato a ruba fino a diventare esaurito e introvabile. Nel corso degli anni La Testa di Ferro è diventata anche una collana di libri prima all’interno della casa editrice Seb e poi della casa editrice Aga. L’obiettivo è sempre stato lo stesso: diffondere le idee che hanno formato quella “chiesa di tutte le eresie che i bigotti di ogni dogma non potranno mai comprendere”.

Dalla ristampa di Diario di uno Squadrista Toscano alla ristampa di libri “perduti” come Mussolini e gli Arditi di Svanoni – con introduzione di Marinetti – o come Fascismo Intransigente di Mario Carli passando per Gli Arditi di Milano nella Rivoluzione Fascista, scritto nel 1926 da Cesare Solari, e il diario Squadrismo scritto da Roberto Farinacci.

Ma la collana ha presentato anche scritti contemporanei dedicati proprio alla riscoperta e alla rilettura di diario_s (1)personaggi e idee di quell’epoca, dal saggio L’Ultimo Poeta Armato di Massimiliano Soldani – forse l’unico libro che descrive in modo esaustivo la figura di Alessandro Pavolini – alla raccolta di testi dedicati all’idea corporativa dal titolo Corporativismo del III millennio, al saggio di Valerio Benedetti Riprendersi Giovanni Gentile – finalmente un libro completo sulla figura del filosofo del Fascismo – e soprattutto il Riprendersi Tutto di Adriano Scianca, forse la sintesi più esaustiva sul pensiero di CasaPound.

Dieci anni dopo La Testa di Ferro è ancora lì, in via San Martino ai Monti 59, uguale ad allora ma sempre rinnovata nei titoli che propone e che stampa, ancora facilmente identificabile dai pannelli dipinti che spezzano il grigio di una zona radical chic e borghese.

Una sorta di porta magica che porta in altri lidi, più in alto e più oltre. Basta lasciarsi arpionare dalla grande aquila che ancora oggi domina il centro della libreria e che porta tra le sue ali le centinaia di libri eretici e troppo pericolosi per chi vuole restare per sempre a terra.

Carlomanno Adinolfi

 

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