Roma, 16 dic – C’era una volta il Necronomicon, il libro demoniaco scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhzared. Eppure, prima del Necronomicon, c’è stato quello che Pietro Guarriello, per la collana L’Archeometro delle edizioni Bietti, ha definito “Oniricon”.
Il libro (Oniricon. Sogni, incubi & fantasticherie, H.P. Lovecraft, Bietti, 334 pp, € 20) è interamente dedicato alla fase “onirica” di Howard Phillips Lovecraft, sicuramente meno conosciuta rispetto alla fase che ha avuto come fulcro Chtulhu e i Grandi Antichi, fase che ha lanciato Lovecraft nell’Olimpo della letteratura ma che tuttavia non sarebbe mai potuta esistere senza i sogni e i racconti tratti dagli incubi e dai sogni di HPL di HPL. Oniricon è di fatto il primo volume, non solo in Italia ma nel mondo, interamente dedicato al mondo del sogno di Lovecraft. Di edizioni sui racconti del Necronomicon o sul ciclo di Chtulhu che raccolgono tutti i racconti dedicati ai Grandi Antichi se ne contano oramai a decine ma nessuno finora aveva mai dedicato un intero volume al Lovecraft onirico. Una scelta paradossale se si pensa che è proprio il sogno la fucina inesauribile dell’attività narrativa di Lovecraft. Il volume a cura di Pietro Guarriello colma finalmente questo buco editoriale raccogliendo non solo i racconti che vengono definiti “le incursioni di HPL nel Regno dei Sogni” ma anche le lettere che Lovecraft scrisse a sodali, amici e corrispondenti in cui l’autore descrive i terribili sogni – quasi sempre incubi – che hanno poi ispirato i suddetti racconti.
Come molti sanno infatti Lovecraft fin dalla tenera età fu vittima di fortissime crisi nervose durante le quali iniziò ad avere sconvolgenti sogni lucidi da cui spesso si svegliava urlando. Totalmente avverso al pensiero di Freud, piuttosto che rivolgersi alla psicanalisi HPL riversò tutti i suoi incubi nella narrativa. È risaputo che moltissimi dei suoi racconti altro non sono che riproposizioni quasi integrali dei suoi sogni e il volume curato da Guarriello non fa che mostrarlo, mettendo in parallelo le lettere in cui Lovecraft descrive a un amico un sogno appena avuto e il racconto ad esso ispirato.
Se un nuovo lettore di Lovecraft può essere colpito dal poter leggere insieme le lettere che raccontano i sogni – e quindi la genesi dei racconti – e i racconti stessi, sicuramente un lettore che quei racconti già li conosce resta ancora più colpito nel vedere la vera genesi onirica di quelle storie. Chiunque abbia letto La Testimonianza di Randolph Carter, uno dei racconti più inquietanti di HPL, non può che restare ancor più turbato leggendo la lettera indirizzata al circolo letterario “Gallomo” in cui l’autore descrive il terrificante ma lucidissimo incubo in cui lui e il suo amico Loveman scavano in una tomba fino a trovare un cunicolo, mostrando come quel racconto sia molto più “reale” e quindi inquietante di quanto già non sembri a una prima lettura. Così come mette i brividi leggere la lettera indirizzata al Visconte Kleiner in cui viene descritto l’incubo in cui per la prima volta appare Nyarlathotep, il Caos Strisciante, il messaggero degli Dei Esterni, uno dei principali personaggi del ciclo lovercraftiano e di fatto punto di incontro tra il ciclo onirico e il ciclo di Chtulhu. Sapere che l’incipit del famoso racconto in cui per la prima volta appare il dio dal nome egizio fu scritto quando Lovecraft non si era ancora del tutto svegliato dal suo incubo, come se fosse in qualche modo “posseduto” dalla necessità di scrivere durante quella fase tra il sonno e la veglia, fa rileggere lo scritto sotto tutto un altro punto di vista. Ma tra le lettere ci sono anche descrizioni di sogni mai trasformati in racconti, come l’inquietante sogno in cui Lovecraft di fatto entra in un altro corpo e in un’altra epoca – come spesso gli accade – finendo in una Spagna conquistata dagli antichi Romani ma minacciata da esseri demoniaci.
L’edizione è corredata da numerose note a margine di ogni lettera e di ogni racconto, oltre che da un’introduzione ad ogni storia, in modo che il collegamento tra sogno, lettere e racconti appare saldissimo e balza subito agli occhi del lettore. Si tratta insomma di un unicum curatissimo che non può assolutamente mancare negli scaffali degli amanti di HPL ma anche di chiunque sia affascinato dal mondo del sogno e delle sue potenzialità.
Se proprio si vuole trovare una mancanza nell’edizione sta nel fatto che in un libro che dovrebbe esaurire tutta la fase onirica di Lovecraft mancano i due racconti che più di tutti rappresentano il “manifesto” lovecraftiano dei sogni, ovvero La Chiave d’Argento e soprattutto Alla Ricerca dello Sconosciuto Kadath – in realtà una via di mezzo tra un racconto e un romanzo. Ma probabilmente è una scelta editoriale basata sul fatto che si è voluto raccogliere solo i racconti direttamente ispirati a veri sogni, mentre i due racconti sopraccitati, sebbene narrino di avventure oniriche avvenute nel sogno del protagonista Randolph Carter – che si scopre dalle lettere raccolte in Oniricon essere un alter ego di HPL stesso – sono più storie SUL sogno che non sogni veri e propri di cui Lovecraft è stato preda. Comunque storie dove viene ribadito quanto HPL scrive in una lettera all’amico Maurice Moe, riportata nella raccolta antologica: “Se non ci fosse qualche virtù nella pura VERITÀ, allora il sonno dei giusti, le delusioni, le follie dovrebbero essere valutati come le ore di sobria veglia e il conforto che arrecano. Se la VERITÀ non vale nulla, dobbiamo prendere atto che le immagini fantastiche dei nostri sogni hanno la stessa solennità degli eventi della vita di tutti i giorni”.
Carlomanno Adinolfi