Sciacca (Ag), 19 feb – La scoperta risale allo scorso agosto, ma solo di recente le analisi hanno confermato che i residui – nello specifico l’acido tartarico e il suo sale di sodio, sostanze naturalmente presenti all’interno degli acini d’uva – in alcune giare rinvenute negli scavi archeologici sulle pendici del Monte San Calogero (noto anche come Monte Kronio), a Sciacca, sono tracce di vino. Un vino di 6mila anni fa.
La scoperta è sensazionale e potenzialmente capace di spostare l’asse geografico (e soprattutto cronologico) della “invenzione” del vino da est al Mediterraneo, culla della civiltà quanto, adesso, anche dell’enogastronomia. Ad oggi, infatti, i ritrovamenti più antichi datavano ad anfore dissepolte in Israele che però hanno “solo” 3700 anni. Almeno 2300 in più rispetto a quelle di Sciacca, venute alla luce grazie agli scavi di un gruppo di speleologi triestini che battono quel terreno – il complesso carsico denominato “Stufe di San Calogero – già dal lontano 1942.
Non solo vino. Fino ad oggi in Sicilia non erano infatti ancora state trovate tracce di un’attività agricola che datasse così indietro nel tempo. La scoperta apre dunque ad ulteriori scenari, visto che la coltivazione dei vigneti richiede tecniche superiori a quelle “di base” come quelle relative all’uso di avanzati sistemi irrigui. Ma c’è anche di più: le anfore nelle quali gli archeologi hanno individuato il vino preistorico erano metalliche, a testimonianza di una più che probabile attività di scambio con altre zone del Mediterraneo che, a differenza della Sicilia, sono ricche di materie prime necessarie alla loro fabbricazione. E che potrebbero essere state cedute in cambio proprio del vino millenario.
Nicola Mattei
Il primo vino della storia? È italiano: straordinaria scoperta in Sicilia
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