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“Provvedimenti senza base giuridica”: parla il team legale di CPI dopo la vittoria al Tar

by Sergio Filacchioni
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Roma, 13 giu – La sentenza del Tar del Lazio che ha annullato i Daspo “fuori contesto” inflitti a diversi militanti di CasaPound ha fatto molto rumore, non solo per il suo valore politico, ma soprattutto per i rilievi giuridici emersi nel corso del procedimento. A spiegarci i dettagli della decisione e il suo significato è stato il team legale di CPI: gli avvocati Lorenzo Contucci, Guido Colaiacovo, Massimiliano Della Puppa, che hanno curato i ricorsi presentati al Tar Lazio coordinati da Giovanni Adami.

Intervista con il team legale di CasaPound

Avvocati, quali sono stati i principali vizi giuridici riscontrati dal Tar nei Daspo “fuori contesto” emessi contro i militanti di CasaPound?

È stata posta una vera e propria questione di legittimità. Il Tar Roma, Sez. I ter, ha chiarito che i provvedimenti impugnati sono stati emessi al di fuori dei casi previsti dall’art. 6, comma 1, lettera c) della legge n. 401/89. Quindi non solo al di fuori del perimetro tradizionale, ma addirittura al di là della controversa disciplina dei Daspo “fuori contesto”. Le sentenze hanno stabilito che i reati contestati (art. 5 della Legge Scelba e art. 2 della Legge Mancino) non rientrano nell’elenco tassativo previsto dalla normativa. In assenza di una base legale, il provvedimento è risultato privo di fondamento giuridico.

Il tribunale ha quindi valutato anche il significato del saluto romano nel contesto della commemorazione?

Assolutamente no. Il giudizio è rimasto in ambito strettamente procedurale e normativo. Il Tar non si è pronunciato sul gesto in sé, che resta oggetto di un procedimento penale separato presso il Tribunale di Roma. La valutazione si è limitata all’illegittimità formale del Daspo emesso.

Ritenete che l’estensione del Daspo al di fuori dell’ambito sportivo si presti a derive arbitrarie o strumentalizzazioni politiche?

Senza dubbio. Il cosiddetto Daspo “fuori contesto” ha ampliato enormemente l’ambito applicativo di una misura che, nata per prevenire la violenza negli stadi, oggi viene usata per colpire comportamenti anche del tutto scollegati da contesti di pericolo. Il catalogo dei reati previsti dall’art. 6 della legge 401/89 è stato modificato ben sette volte con decreti-legge. Questo ha reso la norma sempre più fragile e aperta a interpretazioni estensive, che rischiano di comprimere diritti fondamentali. Fortunatamente, il Tar ha riaffermato un principio essenziale: le norme afflittive non possono essere estese per analogia.

Durante il procedimento avete riscontrato rigidità da parte delle istituzioni coinvolte?

Diciamo che “ognuno ha fatto il suo”. Tuttavia, dopo che la Questura di Roma aveva sospeso il procedimento relativo alla commemorazione del 7 gennaio 2025, avevamo chiesto in autotutela la revoca anche dei Daspo emessi per la cerimonia dell’anno precedente. Le ragioni c’erano tutte, e sono esattamente quelle che il Tar ha poi riconosciuto nelle sue sentenze. Sarebbe stato più ragionevole evitare lo scontro legale, ma è andata diversamente.

Questa sentenza può essere considerata un precedente a tutela del diritto alla memoria e alla libertà di espressione politica?

Il Tar ha fissato un punto importante: per i reati previsti dalla Legge Mancino e dalla Legge Scelba non è possibile applicare il Daspo. Tuttavia, il tribunale amministrativo non ha competenza per esprimersi sulla rilevanza penale delle commemorazioni o dei simboli usati. Il vero baluardo giurisprudenziale in difesa del diritto alla memoria è rappresentato dalla sentenza n. 16153 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, depositata il 17 aprile 2024. Quella pronuncia ha tracciato i confini della libertà di manifestazione del pensiero anche in contesti scomodi. Le decisioni del Tar, comunque, si inseriscono in questo solco.

Nonostante le polemiche prevale la freddezza

Le parole del collegio difensivo appaiono tanto più significative alla luce delle reazioni scomposte arrivate ieri da Europa Verde e dalla segretaria del PD Elly Schlein. Mentre i legali chiariscono che la sentenza si fonda su un’analisi rigorosa dei limiti normativi del Daspo e sul rispetto del principio di legalità, dal fronte progressista si grida allo scandalo e si invocano leggi più dure contro gesti che – a prescindere dal merito – sono oggi al centro di un processo penale e non possono essere pre-condannati sul piano amministrativo. Una reazione, quella della sinistra, che conferma come per certi ambienti il diritto sia un valore solo quando produce sentenze politicamente gradite. Ma il Tar, con freddezza tecnica e rispetto della legge, ha ricordato che anche chi è “scomodo” ha diritto a non essere perseguitato arbitrariamente. E grazie – ovviamente – all’impegno del collegio difensivo composto dagli avvocati Adami, Contucci, Colaiacovo e Della Puppa.

Sergio Filacchioni

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