Latina, 22 nov – Adesione totale allo sciopero dei tassisti che si è tenuto ieri su tutto il territorio nazionale, si parla del 100% da Torino a Palermo. Il motivo di tale mobilitazione è sempre lo stesso: il tentativo da parte del Governo di deregolamentare il settore attraverso la modifica della legge 21/92, che attualmente disciplina il trasporto pubblico non di linea e lo inquadra nelle esigenze di pianificazione territoriale da parte degli enti locali titolati al rilascio delle licenze. Il Governo vorrebbe togliere alcuni vincoli attualmente in vigore per i Noleggi con conducente, come ad esempio l’obbligo di rientrare in rimessa tra una chiamata e l’altra, i limiti di territorialità e tutta una serie di altri interventi legislativi volti a cancellare progressivamente la separazione tra il servizio Taxi e quello di NCC. Questa sorta di liberalizzazione di fatto avvantaggia l’ingresso nel mercato di multinazionali come UBER, che in Italia si avvale degli NCC per svolgere il proprio servizio e che in questo modo entrerebbe a gamba tesa nell’ambito lavorativo dei tassisti, generando grande confusione nell’organizzazione del trasporto pubblico spettante ai Comuni, che non avrebbero più la possibilità di controllare l’effettivo numero di vetture che svolgono servizio sul proprio territorio e i relativi prezzi da fornire all’utenza.
Ma allora perché il Governo insiste nel voler distruggere una legge, la 21/92, che ha sempre funzionato benissimo e che facilita il compito delle amministrazioni? Su questo giornale ci siamo già occupati delle convergenze tra alcuni esponenti del Partito Democratico e la potente multinazionale Uber che mentre in Italia sembra trovare sempre qualcuno disposto ad aiutarla non solo in ambito politico, ma anche in quello giornalistico, altrove è costretta ad accusare duri colpi dovuti alle modalità con le quali questo servizio viene gestito ed erogato. Ne è un perfetto esempio quanto sta succedendo a Londra, dove Uber ha perso anche l’appello nella causa intentatagli da due austisti che hanno contestato condizioni di lavoro inaccettabili. Secondo la Corte britannica la startup californiana dovrà garantire ai suoi autisti una serie di diritti, fra i quali salario minimo, ferie e giorni di malattia pagati, come si converrebbe a un qualsivoglia lavoratore dipendente. Ma Uber pare non avere nessuna intenzione di riconoscere questi diritti ai 50.000 lavoratori attualmente sulle strade di Londra e ha già dichiarato che proverà a sottrarsi continuando la battaglia in sede giudiziaria, al fine di poter proseguire col suo metodo di lavoro che però da molti operatori del settore viene denunciato come ai limiti dello schiavismo. Uber è poi accusata di non pagare le tasse negli Stati nei quali opera, massimizzando i profitti a discapito della collettività.
Di fronte a tutto questo anche ad alcuni autisti del servizio NCC non deve essere sembrata una gran cosa l’arrivo massiccio in Italia di questo colosso, dietro al quale è bene ricordarlo ci sono grandi gruppi bancari e finanziari come ad esempio JP Morgan, tanto che ieri a Roma alla manifestazione dei tassisti nella piazza di Porta Pia si sono presentati anche i noleggiatori, determinati a loro volta a sostenere il mantenimento della legge 21/92 contro la sovrapposizione dei servizi. Appoggio allo sciopero e alle manifestazioni è arrivato dal Segretario Nazionale di CasaPound Italia Simone Di Stefano, che ha preso una chiara posizione a favore del servizio pubblico regolamentato e contro la precarizzazione del lavoro targata sharing economy.
Uno dei principali animatori della protesta, Alessandro Genovese, Segretario Nazionale UGL Taxi, oggi ha così commentato: “In tutta Italia i colleghi stanno capendo il reale pericolo che c’è dietro il disegno del Governo, ieri è stata la prima tappa di una serie di proteste che metteremo in campo qualora le nostre richieste non vengano ascoltate. Al Governo chiediamo di compiere uno sforzo ulteriore, per arrivare ad una regolamentazione seria della territorialità per i vettori di noleggio da rimessa, nonché una disciplina certa e cogente per piattaforme tecnologiche che debbono essere chiamate a rispettare pienamente le norme vigenti nel settore.”
Saverio Di Giulio
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