Roma, 5 nov – Dopo il crollo della Torre dei Conti a Roma, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, non ha perso l’occasione di trasformare una tragedia in un atto di propaganda. “Finché il governo italiano continuerà a spendere i soldi dei contribuenti per l’Ucraina — ha dichiarato — l’Italia continuerà a crollare, dalle torri all’economia”. Una battuta velenosa che ha fatto rapidamente il giro del web, accolta con entusiasmo dagli ambienti più filorussi e “neutralisti” del dibattito pubblico italiano. Peccato che, come spesso accade quando parla la Zakharova, la realtà racconti tutt’altro.
La Zakharova non fa i conti prima di spararle
Checché se ne dica, l’Italia, lungi dall’essere un Paese “che spende miliardi per la guerra”, ha finora sostenuto l’Ucraina con 11 pacchetti di aiuti militari, per un valore complessivo stimato fra i 2,5 e i 3 miliardi di euro, secondo le fonti di Ukrainska Pravda e le dichiarazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto. Una cifra modesta, se confrontata con quella di Paesi come Germania, Regno Unito o Polonia, e composta in larga parte da mezzi dismessi o ricondizionati: veicoli blindati, obici, sistemi antiaerei Aspide, materiale sanitario e logistico. Solo negli ultimi mesi, con l’undicesimo pacchetto di aiuti, l’Italia ha inviato armi e sistemi più moderni, tra cui componenti del sistema di difesa aerea SAMP/T e missili Storm Shadow forniti in cooperazione con Londra e Parigi. Anche volendo sommare i contributi italiani al Fondo europeo per la pace (European Peace Facility) — circa 390 milioni di euro — il totale non supera i 3 miliardi, cifra che rappresenta meno dello 0,15% del PIL italiano. Altro che “crollo economico per Kyiv”: gli aiuti militari all’Ucraina sono stati, finora, una voce marginale nella spesa pubblica nazionale.
I veri buchi di bilancio lasciati dagli amici di Mosca
Ben diversa è la storia dei disastri economici interni, frutto di anni di politiche assistenziali e clientelari. Il Movimento 5 Stelle, forza che più di tutte ha mostrato negli anni vicinanza politica e retorica agli interessi russi e cinesi, è responsabile di una delle stagioni più onerose della nostra storia recente: 124 miliardi di euro bruciati nel Superbonus, 35 miliardi nel Reddito di Cittadinanza, e milioni spesi in trovate simboliche come i banchi a rotelle nel periodo Covid-19. Provvedimenti presentati come “aiuti al popolo”, ma che hanno drogato i conti pubblici, moltiplicato le frodi e lasciato il Paese con un debito fuori controllo. Non sarà questo — non certo l’Ucraina — il vero “crollo morale ed economico” dell’Italia? E l’ironia della Zakharova risuona ancor più ipocrita se si pensa che proprio i 5 Stelle, in passato, hanno firmato il memorandum d’intesa con Pechino sulla “Nuova Via della Seta” e promosso un neutralismo ambiguo sulla guerra in Ucraina, utile più a Mosca che a Roma.
D’accordo è propaganda, quindi dovremmo sorbirla?
Che Mosca faccia propaganda è scontato. Che a rilanciarla in Italia ci siano opinionisti, influencer e politici pronti a scambiare la critica all’Occidente per lucidità geopolitica, è molto più grave. Da anni, la narrativa del Cremlino mira a rappresentare l’Europa come un continente debole, moralmente corrotto e politicamente subordinato agli Stati Uniti. Non possiamo nascondercelo: l’Italia — con i suoi cantieri fermi, le infrastrutture che crollano e una classe politica abituata al populismo più che alla responsabilità — si presta ad essere un terreno davvero fertile per questa facile retorica. Ma la verità è che non c’è nessuna decadenza provocata da Kyiv: ciò che crolla, in Italia, è frutto di decenni di incuria, sprechi e autoinganni. La Zakharova può anche sfruttare il crollo di una torre per fare il suo numero da circo, ma i danni veri li hanno fatti qui, dentro i nostri confini, e li hanno firmati i partiti che hanno svuotato lo Stato per comprare consenso. Quindi che Mosca faccia propaganda non vuol dire che qui la si debba accettare supinamente.
L’unica lezione da imparare
Insomma, dovremmo avere un minimo di dignità nazionale e respingere al mittente qualsiasi lezioncina morale, dovunque provenga. Il “crollo dell’Italia” sembra tanto una profezia e poco meno di una constatazione: non sarà certo una torre nel cuore di Roma a dare il metro di giudizio su un popolo, uno stato e una nazione. Ma almeno dobbiamo avere il coraggio di combattere la propaganda malsana e dire che non è il sostegno a Kyiv ad averci impoverito: lo hanno fatto anni di assistenzialismo, di bonus a pioggia, di grandi svendite, di governi senza visione. Di solito è molto facile cavalcare le disgrazie. La cosa più difficile è mantenere lucidità quando tutti la perdono.
Sergio Filacchioni