Si fa strada, quindi, l’opzione dell’aiutarli a casa loro, dipinta come nazistoide quando la propone un politico “populista” e ora prediletta dalla stessa Ue. Esistono ovviamente una serie di “ma” grossi come una casa che gravano sulla proposta. Difficilmente, infatti, una cosa del genere può funzionare finché non si esca dal paradigma della globalizzazione. L’Africa potrà tornare a essere sovrana e autosufficiente solo pensandosi come grande spazio autarchico, al pari dell’Europa, del resto. Altrimenti il rischio è di assistere a mille fenomeni come quello dell’olio tunisino, che ha invaso le nostre tavole grazie al voto complice di una serie di europarlamentari, per lo più del Pd, che hanno giustificato il loro tradimento proprio con la scusa di favorire l’industria locale africana. È ovvio che concepita in quest’ottica, la mossa è doppiamente suicida, perché rischia di rovinare la nostra economia per favorire la loro.
C’è poi la questione di chi sarebbe il destinatario di questi aiuti: c’è di mezzo la solita mafia delle ong umanitarie, vero cancro di questo continente? E ancora: l’erogazione di questi aiuti dovrebbe davvero essere vincolata alla cessazione totale dei flussi. Ma è davvero difficile che l’Europa imponga davvero questo. Anche se si parla di una richiesta di rafforzamento del controllo alle frontiere (ma i confini non erano da abbattere?), ci saranno di sicuro milioni di eccezione, vuoi per motivi umanitari, o economici o “climatici”. Quindi, in sostanza, l’idea potrebbe anche essere buona – anche se l’ipotesi più sensata sarebbe responsabilizzare l’Africa e lasciare che gli africani trovino da sé la strada per il proprio sviluppo – ma è molto probabile che il tutto si riveli un clamoroso boomerang per l’Europa. Come sempre.
Giorgio Nigra
1 commento
Gli africani, non riusciranno mai a trovare una strada con le proprie forze. Troppo divisi, troppo ignoranti.