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Grembiulini “sessisti” venduti all’Upim. L’ultimo delirio delle femministe

by Cristina Gauri
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grembiulini

Roma, 9 ott – Grembiulini sessisti. A macchiarsi di tale inqualificabile onta è la catena di negozi Upim, rea di avere messo in vendita, in una succursale della Capitale, dei grembiuli per bimbi recanti due tipi di diversi di stampe: per i maschietti squadra e righello, aeroplanini o scritte come «Il mio mestiere è giocare», per le bambine un rossetto con tanto di bacio a stampo, oppure dei fiorellini.

Aeroplanini contro rossetti

Il particolare è saltato all’occhio di Serena Maniscalco, mamma di una bimba di otto anni, che ha denunciato il fatto sui social attirando l’attenzione di migliaia di persone. Tanto che Upim, trovatasi stretta tra le maglie del politicamente corretto, si è vista costretta a ritirare i vestimenti da bambina. «Lui ingegnere, lei bella donna. A otto anni», scrive la donna. «Cara Upim», si legge nel post, «ma davvero ritenete adeguato che le bambine di otto anni debbano andare a scuola con un distintivo al petto di rossetto e labbra dischiuse, carnose e sensuali? Qual è il vostro messaggio?». Maniscalco, intervistata dal Corriere, racconta l’accaduto. «Ero alla ricerca di un grembiule con la zip per mia figlia», racconta, «quando mi sono imbattuta in questo modello con labbra e rossetto. Nell’espositore per i maschi, invece, c’erano grembiuli con squadra e compasso, aeroplanini o scritte come “Il mio mestiere è giocare”. Per le femmine, oltre al rossetto, c’erano solo cuoricini e fiorellini. Lo trovo demotivante», insiste.

La solita “menata” contro gli stereotipi di genere

«Poi ci lamentiamo se le ragazze non scelgono corsi di studio e professioni Stem?», come se da una stampa scherzosa su di un grembiulino dovessero dipendere le scelte professionali di un individuo. «O ci stupiamo se le donne, ai colloqui di lavoro, si sentono chiedere se hanno intenzione di mettere su famiglia? Cose simili non cadono dal pero, sono il risultato di una certa visione del mondo che, come società, contribuiamo tutti a creare». Poi inizia a snocciolare dati: «In Italia, le donne sono solo il 36% degli iscritti a corsi di laurea Stem, ovvero relativi a scienza, tecnologia, ingegneria o matematica. Allargando lo sguardo all’Europa intera, scopriamo che, in media, sono poche ovunque». Ma deve essere sicuramente colpa degli stereotipi di genere, e del patriarcato, e non perché uomini e donne hanno attitudini differenti. 

Azioni concrete

Ma la battaglia della Maniscalco è appena iniziata: siccome tra lavoro e due bambini a cui badare non aveva abbastanza da fare, ha anche inviato una segnalazione al Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Lazio e ha contattato Upim attraverso diversi canali, chiedendo che la catena intraprendesse azioni concrete. Non solo ha chiesto il ritiro dei prodotti, ma ha voluto imporre il proprio diktat a Upim obbligandola a spiegare «pubblicamente perché lo ha fatto. Deve essere chiaro a tutti che c’è stata una sottovalutazione di un tema importante. Non lo dico io, lo dicono tutti coloro che si occupano di educazione e infanzia, come Alberto Pellai: immagini, stereotipi ed etichette lasciano un segno nelle menti dei più piccoli».

Inizialmente la catena di negozi aveva risposto scusandosi («Ci dispiace molto di aver riscontrato questo punto di vista, le assicuriamo di porre sempre la massima attenzione nella proposta al cliente, mettendo sempre al centro i bambini a cui ci rivolgiamo. Non volevamo in alcun modo fare riferimento a discriminazioni di genere e/o intelletto»). Poi, però, ha ritirato dalla vendita il grembiule della discordia. Speriamo che la sua piccina non le comunichi mai di voler fare la casalinga o la segretaria.

Cristina Gauri

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1 commento

roberto 10 Ottobre 2020 - 8:33

Comunque, in effetti, le labbra rosse su una bambinetta, mi sembrano veramente di cattivo gusto ed inopportune, a parte il sessismo e le eventuali presunte discriminazioni…

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