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Roma, 4 ago – Grondavano di lacrime e commozione le paginate de La Stampa, Il Corriere della Sera, Vanity Fair, e Huffington Post, tra gli altri, dedicate alla storia straziante del povero Abdou Diouf, migrante in cerca di fortuna partito dal Senegal e giunto in Spagna attraverso il deserto, il Marocco, il filo spinato e il mare, per essere strapazzato dalla polizia e finire in un centro d’internamento iberico senza per questo aver perso la speranza di riscatto.
Il tutto documentato giorno per giorno su Instagram, il popolare social delle foto, dall’ultimo pasto in famiglia alla coperta termica sulla spiaggia spagnola, infarcito di decine di hashtag piuttosto bizzarri, tanto tipici dei ragazzi occidentali e qualcuno singolarmente professionale, che forse qualche dubbio poteva sorgere nelle grandi redazioni. Invece, forse abbagliati da tanta insperata fortuna di poter a un tempo chiamare a raccolta e lettura l’italica commozione nonché servire la causa immigratoria governativa ed editoriale, la stravagante narrazione fotografica veniva passata così com’era.
Se non che, c’era qualcosa che non andava.
Il primo a capirlo è stato il giornalista spagnolo Jaime Rubio Hancock, del quotidiano El País, che ha notato alcune stranezze nelle didascalie delle foto pubblicate, contenenti appunto hashtag piuttosto inusuali e incongrui rispetto alle foto pubblicate, e molto occidentali: #happyfamily #daydreamers, per la foto di addio alla famiglia; #newlook per quella del taglio dei capelli, fino a #acab per quella dell’arresto. Tra i vari hashtag, Hancock ne ha trovato soprattutto uno che ha attirato la sua attenzione: #getxophoto. Da lì a scoprire che Getxophoto è un festival di fotografia, il passo è stato breve.
Per attirare l’attenzione sulla prossima edizione, che inizierà il 3 settembre, questo festival ha prodotto infatti una campagna pubblicitaria incentrata sui viaggi dei migranti per arrivare in Europa. Sulla pagina Facebook di Getxophoto c’è uno spot che riproduce in versione video il viaggio raccontato dalle foto sul profilo di Instagram @abdoudiou1993.
In realtà, il protagonista delle fotografie, che si spacciava come il ventiduenne senegalese Abdou, è di passaporto spagnolo, si chiama Hagi Toure e nella vita fa il giocatore di pallamano, mentre gli organizzatori di Getxophoto hanno spiegato a El País di aver chiesto al regista Tomás Peña di creare il video per la campagna pubblicitaria. Girato tutto, tra l’altro, in Catalogna.
Dopo una mattinata strappalacrime, solo nel pomeriggio del 3 agosto i titoli online dei grandi giornali nazionali venivano, come niente fosse, estesi di qualche parola per spiegare che si trattava di una campagna pubblicitaria, senza per altro riportare scuse né giustificazioni.
Quanto meno, un’occasione utile per aggiornare al ribasso le misure della credibilità delle maggiori testate giornalistiche italiane.
Francesco Meneguzzo
Roma, 4 ago – Grondavano di lacrime e commozione le paginate de La Stampa, Il Corriere della Sera, Vanity Fair, e Huffington Post, tra gli altri, dedicate alla storia straziante del povero Abdou Diouf, migrante in cerca di fortuna partito dal Senegal e giunto in Spagna attraverso il deserto, il Marocco, il filo spinato e il mare, per essere strapazzato dalla polizia e finire in un centro d’internamento iberico senza per questo aver perso la speranza di riscatto.
Il tutto documentato giorno per giorno su Instagram, il popolare social delle foto, dall’ultimo pasto in famiglia alla coperta termica sulla spiaggia spagnola, infarcito di decine di hashtag piuttosto bizzarri, tanto tipici dei ragazzi occidentali e qualcuno singolarmente professionale, che forse qualche dubbio poteva sorgere nelle grandi redazioni. Invece, forse abbagliati da tanta insperata fortuna di poter a un tempo chiamare a raccolta e lettura l’italica commozione nonché servire la causa immigratoria governativa ed editoriale, la stravagante narrazione fotografica veniva passata così com’era.
Se non che, c’era qualcosa che non andava.
Il primo a capirlo è stato il giornalista spagnolo Jaime Rubio Hancock, del quotidiano El País, che ha notato alcune stranezze nelle didascalie delle foto pubblicate, contenenti appunto hashtag piuttosto inusuali e incongrui rispetto alle foto pubblicate, e molto occidentali: #happyfamily #daydreamers, per la foto di addio alla famiglia; #newlook per quella del taglio dei capelli, fino a #acab per quella dell’arresto. Tra i vari hashtag, Hancock ne ha trovato soprattutto uno che ha attirato la sua attenzione: #getxophoto. Da lì a scoprire che Getxophoto è un festival di fotografia, il passo è stato breve.
Per attirare l’attenzione sulla prossima edizione, che inizierà il 3 settembre, questo festival ha prodotto infatti una campagna pubblicitaria incentrata sui viaggi dei migranti per arrivare in Europa. Sulla pagina Facebook di Getxophoto c’è uno spot che riproduce in versione video il viaggio raccontato dalle foto sul profilo di Instagram @abdoudiou1993.
In realtà, il protagonista delle fotografie, che si spacciava come il ventiduenne senegalese Abdou, è di passaporto spagnolo, si chiama Hagi Toure e nella vita fa il giocatore di pallamano, mentre gli organizzatori di Getxophoto hanno spiegato a El País di aver chiesto al regista Tomás Peña di creare il video per la campagna pubblicitaria. Girato tutto, tra l’altro, in Catalogna.
Dopo una mattinata strappalacrime, solo nel pomeriggio del 3 agosto i titoli online dei grandi giornali nazionali venivano, come niente fosse, estesi di qualche parola per spiegare che si trattava di una campagna pubblicitaria, senza per altro riportare scuse né giustificazioni.
Quanto meno, un’occasione utile per aggiornare al ribasso le misure della credibilità delle maggiori testate giornalistiche italiane.
Francesco Meneguzzo
4 comments
Grandissima – ed ennesima – figuraccia della stampa italiana.
Qualche lettore del gregge, non avendo capito la fregatura, sarà ancora lì con i lacrimoni agli occhi. Magari farà lo stesso reportage per le sue ferie, vestito da tuareg per andare in spiaggia. Un metro di ‘deserto’, mentre di lato si frigge la melanzana.
…anche la corazzata pubblica dell’informazione televisiva, il tguno, ci ha fatto un bel servizio domenica sera. Adesso sicuramente procederanno alla smentita ed ammetteranno di aver preso un abbaglio…ci mancherebbe!
Mi complimento con l’autore dell’articolo o chi per lui ha caricato le immagini… il nome delle foto negro è alquanto razzista… COMPLIMENTI!!!!
perché non è un negro cosa è ? tu sei bianco e lui è negro fine delle discussioni sterili