Taranto, 3 dic – Urne chiuse ma polemiche aperte e accese più che mai per le Rappresentanze sindacali unitarie dell’Ilva. Se la Fiom ha pagato, in termini di voti e consensi, gli stretti rapporti con la dirigenza aziendale e i vertici politici pugliesi, le altre sigle non possono certo sentirsi al riparo dall’accusa di connivenza con i centri del potere della famiglia Riva. Nell’occhio del ciclone dell’indagine della procura ionica entra anche la Fim, rappresentanza sindacale dei metalmeccanici Cisl, a causa di una telefonata tra il solito Archinà, responsabile rapporti istituzionali dell’Ilva, e Daniela Fumarola, segretaria provinciale della Cisl. I fatti risalgono al maggio 2010, vigilia di nomine dei vertici sindacali: Daniela Fumarola contatta il Pr dell’Ilva, indica due nomi per la rappresentanza Fim in azienda e chiede quale dei due sia più gradito. Archinà prende un paio d’ore di tempo, verifica le “credenziali” dei due candidati, poi richiama la segretaria Cisl e la informa sulla decisione presa.
Ciò che più colpisce nell’ascolto delle intercettazioni è il tono dei dialoghi: non traspare il minimo accenno di vis polemica, un sussulto di orgoglio, un briciolo di dignità. Le segreterie dei sindacati confederati appaiono in questa inchiesta come un ulteriore strumento in mano alla famiglia Riva; attori di una tetra sceneggiata che li vede leoni davanti a microfoni e telecamere, agnelli al cospetto dei vertici aziendali e, infine, iene pronte a spolpare ciò che rimane della carcassa dei lavoratori. Indipendentemente dal prosieguo delle indagini e dalle battaglie legali, la condanna deve arrivare nelle piazze prima che nei tribunali. Occorre una presa di coscienza da parte degli operai, un taglio netto col passato per liberarsi da quel cordone ombelicale che tiene ancora unito il mondo del lavoro a questa tipologia di sindacato e bisogna farlo al più presto, prima che l’intera industria italiana venga smembrata e svenduta ad aziende estere.
Francesco Pezzuto