Roma, 14 gen – La notizia poteva essere nell’aria dato che Dbrs, agenzia canadese di rating, aveva già annunciato l’estate scorsa di avere in cantiere una probabile revisione del giudizio sull’affidabilità del sistema-Italia. Ora la revisione è arrivata: da A a BBB, pur mantenendo un outlook stabile. Una decisione che, da sola, non dovrebbe causare particolari problemi, ma che nel contesto di perdurante debolezza rischia di affossare quel poco di ripresa conquistato fino ad oggi.
La scelta di declassare l’Italia togliendole l’ultima ‘A’ deriva da “una combinazione di fattori – spiega l’agenzia di rating – inclusa l’incertezza rispetto alla abilità politica di sostenere gli sforzi per riforme strutturali e la continua debolezza del sistema bancario, in un periodo di fragilità della crescita”. Proprio il sistema bancario è il sospettato principale. Dal Mef hanno infatti fatto sapere che non vi saranno effetti rilevanti sulla spesa per interessi sul debito pubblico, ormai al sicuro visti gli scudi approntati dalla Bce. Come già previsto, tuttavia, un attacco speculativo contro l’Italia, non potendo più aggredire il debito si accanirebbe contro il grande malato nazionale, appunto le banche.
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I problemi, adesso, si fanno seri. Perché oltre alle sofferenze in continua crescita – hanno sfiorato i 200 miliardi lordi di recente – si apre ora il tema delle disponibilità liquide delle banche. Gli enti di credito, infatti, prendono denaro a prestito dalla Banca centrale europea, la quale però richiede dei collaterali in garanzia sui quali da Francoforte trattengono una percentuale, tanto più alta quanto più è rischioso il “pegno”. Se questi collaterali sono titoli di Stato e chi li emette è in fascia ‘A’ allora la percentuale è attorno all’1%, che può passare fra il 6 e il 10% in caso di scivolone nella serie cadetta. La Bce, per queste valutazioni, si affida alle agenzie di rating, utilizzando un approccio prudenziale prendendo come riferimento il valore più alto fra quelli assegnati. Ed il guaio è proprio qui, perché Dbrs era rimasta l’ultima a mantenere la ‘A’ (Fitch, S&P e Moody’s avevano già declassato in fascia ‘B’), salvando di fatto il rifinanziamento delle banche. Che ora sarà comunque in essere, ma a tassi decisamente più alti rispetto all’altro ieri. Secondo le prime stime si parla di almeno 15-30 miliardi di liquidità.
Filippo Burla