Siena, 21 dic – Doveva essere il perno attorno a cui far ruotare l’aumento di capitale, ma ha raccolto poco più del 40% di adesioni: i titolari delle obbligazioni Mps non si sono fidati, aderendo solo in parte alla conversione dei bond in azioni – scelta proposta dall’istituto come una velata minaccia: o conversione, o rischio futuro default sui titoli – e consentendo al Monte di raccogliere così 800milioni – un miliardo di euro. Obiettivo in linea con le aspettative della dirigenza, è vero, la quale però ora deve fare i conti con i quattro miliardi e oltre che mancano all’appello per arrivare ai cinque richiesti dalla Bce.
Ad essere generosi considerando un miliardo dal pubblico e aggiungendo altrettanto da parte degli investitori istituzionali, si arriva a quota due miliardi. Il resto? Affidato alla grazia divina da qui a fine anno, limite insuperabile fissato da Mario Draghi per concludere le operazioni. Visto l’insuccesso nella conversione delle obbligazioni (unitamente ai due aumenti già varati negli anni scorsi e che hanno più volte diluito le partecipazioni), non è da escludersi che un’altra bocciatura possa arrivare dal mercato, soluzione preferita da Mps ma che si scontra con la dura realtà di un settore – e di una banca nello specifico – sul quale puntare sembra più un azzardo che altro. Il fondo sovrano del Qatar, dato per papabile fino all’ultimo, si è sfilato, idem George Soros. Rimane invece ancora ignota l’identità del fondo cinese più volte indicato nei giorni scorsi come potenziale giocatore della partita.
Comunque vada fra medio oriente ed Asia si fa sempre più strada l’ipotesi dell’intervento pubblico, non limitato all’esercizio di opzione sul capitale attualmente in portafoglio al ministero dell’Economia ma ad una vera e propria partecipazione alla ricapitalizzazione di Mps in via strutturale. Il titolare di via XX Settembre, Pier Carlo Padoan, ha già rilasciato la dichiarazione di prammatica per cui il sistema bancario italiano sarebbe solido, quasi solidissimo: indizio più “sospetto” di questo per capire che la nazionalizzazione è ad un passo non poteva esserci.
Filippo Burla