Roma, 18 dic – “Il recupero dell’occupazione nell’area euro è stato trainato, oltre che dalla Germania e dalla Spagna, dal marcato aumento del numero di occupati in Irlanda, Grecia e Portogallo. In Italia l’occupazione cresce poco rispetto alla media Ue”. Questo è quanto si legge nel bollettino economico della Bce pubblicato ieri. È giusto, anche, precisare che il report di Francoforte prende come riferimento il periodo antecedente all’introduzione del Jobs act e alla decontribuzione per i neoassunti. Anche se per invertire la rotta dell’occupazione in Italia non bastano, certo, le operazioni di maquillage di Renzi. Vediamo perché.
Si legge nel bollettino della Bce: “Due grandi economie dell’area dell’euro, Germania e Spagna, hanno contribuito per quasi due terzi all’incremento complessivo del numero di occupati nell’area dal secondo trimestre del 2013, con apporti pari rispettivamente a 592.000 e 724.000 unità. Questo risultato non dipende esclusivamente dalle dimensioni dei due Paesi; si consideri che nello stesso periodo i livelli occupazionali di Francia e Italia sono aumentati, nell’ordine, di appena 190.000 e 127.000 unità, pari all’incirca al 15% del rialzo per l’insieme dell’area dell’euro”. Inoltre, in Italia l’aumento degli occupati è assai modesto se lo confrontiamo con le altre nazioni europee. La crescita dell’occupazione che si è avuta in Italia negli ultimi due anni riguarda prevalentemente precari, mentre nella media dell’Eurozona si è assistito a una tendenza opposta: la crescita riguarda prevalentemente posti a tempo indeterminato.
In Italia, Matteo Renzi ha cercato di invertire la rotta con la decontribuzione per i neo assunti. Ma, la trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato è determinata dalla mancia del governo. Passata la festa, tutto probabilmente tornerà come prima. Le imprese che avevano dipendenti a tempo determinato coglieranno la palla al balzo per regolarizzare le loro posizioni. Gli stessi datori di lavoro dopo tre anni, sfruttando il Jobs act, potranno licenziare i giovani dipendenti anche senza giusta causa. Altro giro, altra corsa. I dati sull’occupazione rimangono sempre drammatici.
Certo il nostro premier non ha mandato giù questa bocciatura. Ieri a Bruxelles, in occasione del Consiglio Europeo, Renzi ha affermato che: “Ci sono un partito e un leader che controllano l’Europa in modo inaccettabile. L’Unione europea non può essere sotto la guida di un solo Paese. La Germania, deve cambiare strada e abbandonare il fronte dell’austerità per aprirsi a politiche favorevoli alla crescita e all’occupazione”.
Ma, in realtà i dati che ha fornito la Bce, poco o nulla hanno a che fare con l’austerity. Non solo, ma non bisogna dimenticare, che almeno per tutto il 2014, gli italiani sono più poveri della media in Europa. Questo è quanto è emerso da un rapporto sui livelli dei consumi procapite pubblicato da Eurostat, che ha esaminato a parità di potere di acquisto (ovvero correggendo i dati dalle eventuali distorsioni dei cambi valutari) sia la ricchezza lorda, misurata dal Pil, sia i consumi effettivi individuali (Actual individual consumption) nei ventotto Paesi dell’Unione. La seconda voce, spiega l’ente di statistica comunitario, rappresenta una cartina di tornasole del benessere delle famiglie. Ebbene, se “100” è la media europea, l’Italia si ritrova con un valore inferiore sia per quanto riguarda il Pil procapite, 96 per cento, sia per quanto attiene ai consumi individuali, 98 per cento.
Finalmente anche le grandi istituzioni comunitarie si mostrano perplesse davanti a Renzi il Magnifico. Da Bruxelles parte un nuovo hashtag: #Matteocambiaverso. È l’Europa che te lo chiede.
Salvatore Recupero