Colui che ha fatto carte false per traghettare la nostra economia dell’area euro, oggi incita il fronte latino e avverte la Germania che non venderà in Europa più una sola Mercedes se continuerà con queste “politiche ossessionate dall’inflazione, come i teenagers lo sono dal sesso. Gli imprenditori tedeschi sono a conoscenza di tale situazione ma tutto quello che riescono a fare si traduce in cambiamenti modesti, che non bastano per porre fine alla crisi”.
Prodi avverte chiaramente che l’esito delle elezioni tedesche non cambierà nulla: “L’opinione pubblica tedesca è convinta che qualsiasi stimolo economico a favore dell’economia europea sia un aiuto ingiustificato a favore degli inetti del sud, a cui ho l’onore di appartenere. Ma i tedeschi continuano a non capire che il vero problema oggi è la deflazione, ed è un anno che lo vado ripetendo”.
L’ex premier si scaglia contro le politiche di austerity, e afferma che è ovvio da molto tempo che l’Italia non riuscirà a ripristinare il controllo sui propri conti pubblici in condizioni di recessione. “Il rapporto debito/Pil è in crescita da tre anni nonostante l’austerity. Questa politica economica è fallimentare”. In effetti, stando al Fiscal Monitor del Fondo Monetario Internazionale il rapporto debito/Pil è stato al 119,3% nel 2010, al 120,8% nel 2011, al 127% nel 2012 ed è al 132,3% nel 2013. Ma le parole dell’ex premier, per quanto audaci, risultano fuori tempo massimo.
Difficile ipotizzare che Romano Prodi abbia avuto un qualche ripensamento o addirittura pentimento nei confronti di quella sua gestione economica che fece andare a cozzare l’Italia contro il muro granitico della moneta unica. Tempi forzati e un cambio – euro/lira – che ha letteralmente strozzato imprenditori e produttori con reddito fisso, per non tacere del contributo che l’ex premier ha dato alla stesura di quei piani europei che oggi dopo dieci anni hanno fatto, e stanno facendo chiudere e/o delocalizzare centinaia di attivita’ industriali.
E pensare che qualcuno fece di tutto per farlo rientrare dal portone principale della politica italiana candidandolo a Presidente della Repubblica.
Giuseppe Maneggio
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