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Senza shale gas si allontana l’indipendenza energetica

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Scaroni-2Roma, 6 nov – «Per l’Europa è vera emergenza». Parola di Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, di fronte alla rivoluzione del cosiddetto shale gas che dagli Stati Uniti sta riversando i suoi effetti in tutto il mondo. Di fronte infatti alla facilità di estrazione di questa risorsa, oltreatlantico i prezzi sono crollati ad un terzo rispetto ai valori europei: si tratta, continua Scaroni, di un «incredibile vantaggio competitivo», al quale non siamo in grado di rispondere rimanendo invece importatori netti e fortemente dipendenti da Russia e Nord Africa.

Nonostante alcuni studi geologici offrano delle interessanti potenzialità, soprattutto nel bacino della Polonia e in genere dell’Europa orientale, i governi sono sempre più orientati a bloccare qualsiasi iniziativa volta anche alle sole prospezioni. La ragione sembra non essere del tutto ideologica: l’Europa è senza dubbio più densamente popolata rispetto agli Stati Uniti e il meccanismo del fracking è decisamente invasivo. D’altra parte però, il principio di precauzione non può essere la linea guida per ogni scelta. Su questa lunghezza d’onda è anche l’ad di Eni che, nel dare pieno credito ai dubbi, mostra comunque una buona dose di buon senso e allo stesso tempo di pragmatismo: «In Europa la gran parte dei politici dice no senza neanche sapere di cosa parla. Con questo è chiaro che non andremo mai a fare trivellazioni a Firenze». L’idea è insomma quella di provarci, per non perdere un treno importante. Tanto più che Eni è già attiva nel settore, con le concessioni di esplorazione ottenute recentemente in territori sia cinesi che americani.

Il problema del reperimento delle risorse è sempre in primo piano. La Russia è un partner leale, di fronte al quale però l’Unione Europea non sempre sceglie linee di buona diplomazia. Recente è il caso della procedura aperta contro Gazprom per la posizione che quest’ultima riveste nell’ambito della distribuzione diretta. Inchiesta che odora di politica più che di economia, dato che la Commissione non ha mai fatto mistero di parteggiare per un gasdotto alternativo al South Stream. Ad ogni modo, l’indipendenza energetica del vecchio continente non sembra essere ancora punto all’ordine del giorno.

Filippo Burla

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