
Per il Giappone adesso si apre un’opportunità, da cogliere al volo senza perdere troppo tempo. C’è uno storico ruolo di primo piano sullo scacchiere orientale da rioccupare e Tokyo sembra decisa a non perdere questa occasione. Negli ultimi anni il Sol Levante ha aumentato progressivamente la spesa militare, dotandosi di mezzi assolutamente all’avanguardia: aerei da combattimento, missili aeroportati, sommergibili, sistemi di armamenti navali e carri armati. Lo sviluppo dei programmi aerospaziali e il notevole potenziale tecnologico conseguiti, permettono al Giappone di creare inoltre in breve tempo propri missili balistici.

Eugenio Palazzini
1 commento
Questa notizia ha tre risvolti, uno geopolitico, uno di politica interna e uno morale e spirituale.
Innanzi tutto realisticamente si può prevedere che il Giappone rimarrà in una sfera di influenza filo-USA per molto tempo: la Cina è la minaccia diretta ai suoi interessi vitali, e il Giappone non ha a disposizione né le risorse né la sicurezza strategica per potervisi opporre in solitaria; inoltre gli USA sono un importante garante giapponese per l’avvio di una collaborazione fattiva con le potenze della regione, prive del collante continentale e mosse da una tradizione di autonomia. Alcune (Repubblica di Corea, Repubblica Popolare del Vietnam) hanno con il Giappone legami culturali ineliminabili; altre (Filippine, Indonesia, Australia) decisamente no.
Da un punto di vista geopolitico, quindi, il consolidamento della capacità militare giapponese rappresenta un’ulteriore cinturazione del blocco eurasiatico in generale e della Cina in particolare. Nessuna “ribalderia” nipponica è possibile fino a quando il vicino è tutto intero, né fino a quando gli USA considerano il Pacifico come la regione strategicamente più importante.
Nel caso di un doppio declino cinese e americano si potrebbe porre la questione della costruzione i uno spazio di potenza autonomo, ma non mi sembra all’ordine del giorno.
Dal punto di vista politico interno, il consolidamento della capacità militare è il sintomo di un cambiamento nell’opinione pubblica giapponese tale per cui parlare di situazioni di crisi e della loro risoluzione attraverso la forza non è via maestra all’impopolarità.
Quella che ha permesso una svolta, legislativa, parlamentare e formalizzata, di tale portata è uno spirito del popolo che una volta di più si conferma non unanime nella valutazione dell’apporto della legge, conducendo i sondaggi demoscopici a mostare una nazione molto polarizzata a riguardo.
Ad ogni modo, la modifica dell’ormai famoso art. 9 Cost. non mi pare realistico attenderla al prossimo passaggio elettorale.
Che tutto ciò sia o possa essere prodromico a una novella Restaurazione Showa, è tuttavia abbastanza improbabile; il rinnovato apporto di quelle che rimangono comunque “Forze di Autodifesa” potrebbe nondimento favorire il coagularsi di energie ulteriori attorno a quei partiti maggiormente sovranisti e meno legati alla necessità parlamentare.
Dal punto di vista morale e spirituale è più difficile portare una analisi con i pochi dati che si hanno a disposizione. Se ci si illude che l’era del “samuraismo di massa” del Periodo Showa possa ritornare, credo che si sia destinati a una grande delusione, quanto meno nel medio periodo.