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Il mistero di David Jewberg: il diplomatico americano che non esiste

by Guido Taietti
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Roma, 30 dic – Il primo articolo in cui David Jewberg appare citato come fonte affidabile, è un articolo dell’Aprile 2016 su un sito di informazione ucraino, il “Diaglo.Ua”. David è introdotto ai lettori con un curriculum impressionante: soldato americano, esperto di storia militare, consulente politico e militare per i Dipartimento di Stato e Difesa. Si entra nel dettaglio della carriera, parlando di esperienze internazionali (Yemen, Kosovo, Irak) e della attuale sua occupazione che è di analista per il dipartimento della Difesa in merito alla minaccia russa.
Un certa presenza sui social, in cui mescola brevi commenti professionali, molti dei quali in russo, e vita privata lo aiuta ad avere un buon numero di follower divisi su diversi piattaforme (Twitter, Facebook, Google+, Linkedin).
linkedin david jewbergDiviene in pochissimo tempo quella che si chiama “una fonte qualificata” per il giornalismo ucraino in merito ai temi di competenza; aiutato anche dai link e dalle amicizie effettivamente riscontrabili sui vari profili in rete: ad esempio su Linkedin vantava l’amicizia con l’ex ambasciatore USA in Russia Michael McFaul, con politologi esperti di russia come Mark Galeotti, con giornalisti di diverse nazionalità.
Divenuto pertanto una “personalità” ha di fatto sempre contribuito a diffondere un punto di vista anti russo e filo statunitense in tutti i suoi interventi; uno dei suoi più grandi successi fu un appello a FB, che ricevette decine di migliaia di sottoscrizioni e condivisioni, ad assumere molti più moderatori e controllori in lingua russa che controllassero che gli standard di libertà che FB aveva in occidente venissero applicati anche in Russia: apparentemente un giro di parole per dire che occorreva ridurre il peso dei punti di vista anti americani che si diffondevano sulla piattaforma in lingua russa.
Alcune uscite di David denotavano anche una grande libertà nel sostenere le proprie posizioni, in certi casi alcune uscite parevano francamente imprudenti come quando durante una intervista sostenne che in un conflitto con gli USA la Russia sarebbe durata venti secondi.
Questa ed altre esternazioni curiose hanno fatto nascere diversi sospetti sulla completa autenticità del profilo di Jewberg: a questo punto David decide di pubblicare un buon numero di documenti che certificassero la sua versione scoperchiando il vaso di Pandora.
I documenti risultano manipolati, alcuni in modo palese e alcuni giornalisti si accorgono che molte foto utilizzate appartengono ad un certo “Steve Ferro”, compagno di classe di un grande finanziere russo, Dan Rapoport, che fin dagli inizi si preoccupò di dare spazio e diffusione,appunto, al profilo di Jewberg. Quando il sito di giornalismo Bellingcat mette insiemi i pezzi della storia e scopre il falso cerca anche di risalire a chi possa essere a monte di questa operazione, non riuscendo però a venirne a capo.
Effettivamente ricostruendo la qualità e la continuità del lavoro e dei risultati ottenuti da questo profilo fasullo si può dire che si è tratta di una operazione non necessariamente ultraprofessionale, che ha richiesto più tempo e tenacia che mezzi e perizia.
Quel che è certo è ancora una volta si è mostrato quanto ridicolmente facile sia manipolare il sistema dei media che ha la presunzione di essere un argine contro le fake news e invece non ha neppure gli strumenti per comprendere di essere vittima di una operazione di disinformazione e quale sia la quantità di menzogne, di finte competenze, di inesistenti analisi che ci vengono propinate dalla stampa mainstream ogni qualvolta si affronta un qualunque tema troppo complesso o, come in questo caso, troppo scomodo.
Guido Taietti

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