Roma, 15 feb – Ci sarebbero molti elementi per criticare il reddito di cittadinanza concepito dai Cinque Stelle, ma quello rilevato dall’Ue è decisamente surreale: discrimina i non italiani. Per questo la Commissione europea ha deciso di avviare una procedura d’infrazione contro l’Italia, relativamente al reddito di cittadinanza e pure al nuovo assegno unico.

Ue contro Italia: il reddito di cittadinanza discrimina i non italiani

La Commissione europea sostiene, per l’esattezza, che il reddito di cittadinanza non è una misura in linea con il diritto dell’Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti e anche protezione internazionale. Questo perché le prestazioni di assistenza “dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza”. In pratica, secondo la Commissione guidata dalla von der Leyen, qualunque cittadino europeo residente in Italia “da più di tre mesi” potrebbe far domanda per ottenere il reddito. Se questo qualcuno lo necessita, ovviamente.

Difatti, sempre secondo la Commissione europea, il requisito della residenza in Italia da almeno 10 anni “si qualifica come discriminazione indiretta”. Non solo, il provvedimento italiano discriminerebbe persino i beneficiari di protezione internazionale, che attualmente non possono beneficiarne. Cosa succede a questo punto? L’Italia dispone di due mesi per rispondere alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. In caso di mancata replica, la Commissione può inviare un parere motivato.

Assegno unico, la Commissione europea avvia procedura di infrazione

Procedura d’infrazione contro l’Italia anche in merito al nuovo assegno unico e universale per i figli a carico, in vigore da marzo 2022. Motivazione analoga: possono beneficiarne soltanto i residenti in Italia da almeno due anni e solo se risiedono nella stessa abitazione dei loro figli. Anche in questo la norma viene giudicata in contrasto con il diritto dell’Ue, rivelandosi discriminatoria. Come per il reddito di cittadinanza, adesso l’Italia ha a disposizione due mesi per rispondere alla contestazione della Commissione.

La Redazione

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