
Non è chiaro, peraltro, come vengano selezionati gli aventi diritto all’ingresso nei vari spazi: se il genere è qualcosa che la persona decide liberamente e la razza non esiste, come distinguere donne e uomini, bianchi e neri? Anche solo per metterlo alla porta, un bianco deve quanto meno esistere. Non è la prima volta, peraltro, che assistiamo alla pratica del “separatismo”: una serie di incontri riservati alle donne e alle minoranze di genere si sono tenuti anche all’interno di “Nuit debout”, movimento nato in Francia lo scorso anno contro la legge sul lavoro voluta dall’ex presidente socialista François Hollande. Nel 2016, sempre in Francia, un “campo decoloniale” riservato ai non bianchi è stato organizzato da Fania Noël, membro del collettivo Mwasi.
La Maison des femmes di Parigi quella di Montreuil (Seine-Saint-Denis), sono luoghi riservati esclusivamente alle donne, ma finanziate persino con soldi pubblici. Ma i difensori di questa pratica non mancano. Christine Delphy, sociologa femminista, spiega che la non-mixité è indispensabile alle minoranze “affinché le loro esperienze di discriminazione e di umiliazione possano essere dette senza timore di fare pena ai bravi bianchi”. Il che significa che, mettiamo, Beyoncé e Michelle Obama, due donne nere di potere, vengono ritenute aprioristicamente più sofferenti di una qualsiasi operaia bianca. Ovviamente è appena il caso di ricordare che far passare lo sfruttamento per il colore della pelle anziché per rapporti sociali reali è il top del razzismo. Ma, soprattutto, una domanda sorge spontanea: questo significa che da oggi sarà possibile anche organizzare eventi per soli bianchi?
Adriano Scianca